pubblici esercizi
16 Maggio 2023Punti vendita che spuntano come funghi, molto spesso anche all’estero. Stipendi adeguati, bonus e un programma di formazione interna che traccia una prospettiva futura. È la strategia messa in campo dalla ristorazione a catena, che anno dopo anno prosegue la sua espansione e mette la sua ‘pezza’ all’ormai generale difficoltà di reperimento del personale. Certo, la scarsità di forza lavoro non risparmia nessuno, nemmeno le grandi catene, ma la regola d’oro per restare saldi sul mercato è conquistare i giovani, formarli e permettere loro di fare carriera.
La pensa così Michele Mannara, Chief Operations Officer di I Love Poke, secondo cui il momento in cui l’assenza di lavoratori ha pesato di più riguarda l’uscita dal lockdown pandemico: “Quella è stata la prima vera grande volta in cui l’azienda si è accorta che qualcosa, nelle dinamiche di reperimento e gestione delle risorse umane, stava cambiando. La fascia d’età a cui il nostro dipartimento HR fa riferimento è quella under 35: si tratta di persone che negli ultimi anni hanno ripensato quasi totalmente il proprio equilibrio vita-lavoro”.
In questo quadro, i punti critici sono due. “Da un lato si paga il retaggio della ristorazione classica italiana dove il rapporto datore di lavoro-lavoratore è stato probabilmente sempre più a favore dei primi; dall’altro grava il blocco delle trattative relativo ai momenti in cui è richiesto di lavorare”: i giovani vogliono essere liberi durante i giorni festivi, a cena e nei weekend. Ma questo, in linea di massima, è incompatibile con la ristorazione che lavora quando gli altri riposano".
SE IL RECRUITING FA FATICA AL NORD
Se c’è una cosa che la carenza di personale sembra non fare è fermare la strategia di espansione delle catene. I Love Poke, ad esempio, entro fine anno conta di arrivare a oltre 200 punti vendita raggiungendo il 30% di market share e sfondando il tetto dei 130 milioni di euro di giro d’affari. “In qualche modo riusciamo sempre a sopperire al ritardo delle attività di recruiting – prosegue Mannara – Un ritardo che, sostanzialmente, non si è mai tramutato in un’effettiva mancanza di personale. Qualche apertura nel corso del tempo è slittata, ma il piano di sviluppo non si è mai bloccato”.
In termini generali, la carenza di lavoratori è omogenea. Ma ci sono luoghi che la soffrono di più. Nel caso di I Love Poke, ad esempio, Bologna e Trentino-Alto Adige. Ma le difficoltà nel reperire personale ci sono anche in una grande città come Milano. Lo assicura Matteo Dimiccoli, direttore operativo della startup Kebhouze, attualmente casa di 200 dipendenti, e con store dal sud al nord Italia passando per Ibiza: “Nella metropoli lombarda si fa fatica a trattenere i giovani, quindi si crea una necessità di turnover difficile da gestire. Per questo motivo, puntiamo sulla formazione, e la volontà di sposare appieno il nostro progetto e conseguentemente fare carriera”.
VOGLIO DIVENTARE MANAGER
A garantire un futuro alle catene di ristorazione c’è la modalità di formazione interna che porta a diventare dei manager. La stessa Co-founder ed Executive Director di I Love Poke, Rana Edwards, sostiene che una carriera in una realtà innovativa come la sua è adatta ai talenti che vogliono imparare, crescere e creare: “In questo settore ogni giorno è una sfida che permette una crescita personale esponenziale. I giovani devono capire questo”.
D'altronde, nelle catene i piani di espansione sono sempre accompagnati da programmi formativi interni serrati e seguiti. “Abbiamo predisposto dei programmi specifici a seconda dei ruoli di partenza e, soprattutto, di destinazione a cui i nostri ragazzi devono arrivare – commenta il manager di I Love Poke – In tal modo riusciamo a dare loro tempi giusti, una visione e li accompagniamo nell’evoluzione della loro professione. È questo che ci aiuta ad autoalimentare la nostra popolazione, composta oggi da circa 500 persone su un centinaio di store a gestione diretta. Il 70% degli store manager dei nostri punti vendita sono tutte persone che in precedenza erano banconisti o assistenti”.
Insomma, nella ristorazione organizzata chi ha voglia di crescere è nel posto giusto, grazie a realtà in forte espansione capaci di creare sempre opportunità attraverso l’apertura serrata di nuovi punti vendita. Da non dimenticare è anche la collaborazione continua con le scuole – istituti alberghieri in primis – e la partecipazione a programmi di inserimento nel tessuto sociale. “Nel nostro personale ci sono tantissimi ragazzi europei, sudamericani e asiatici”, aggiunge Mannara.
Quanto ai salari, proprio I Love Poke ha da poco creato dei cluster suddivisi in seniority e un sistema di incentivi per chi ha mansioni di responsabilità all’interno degli store. Al raggiungimento di obiettivi prefissati scattano bonus elargiti due volte all’anno. Si tratta di incrementi salariali totalmente slegati dalla logica del prezzo di vendita al pubblico seguita negli ultimi tre anni. Senza contare, conclude il manager di Kebhouze, che nel tempo il processo di reclutamento è cambiato anche per i datori di lavoro. “Dal momento del colloquio, bisogna essere rapidi nel predisporre un contratto di lavoro. Altrimenti si rischia che i candidati cerchino altrove”.
IL BOOM DELLE CATENE
Prosegue senza soste la crescita della parte industrializzata del mercato, in linea con una struttura dell’offerta in costante evoluzione. A dirlo sono i più recenti dati del monitoraggio di TradeLab ‘Away From Home Consumer Tracking’ che sottolinea come la ristorazione in catena valga oggi 6,1 miliardi di euro, con 10mila punti di consumo e 700 diverse insegne.
A registrare un'impennata, però, non sono solo le occasioni di consumo più tradizionali, come pranzo e cena. Piuttosto, le quote di mercato sono crescenti in tutti i momenti, grazie a format esperienziali value-for-money che piacciono ai giovani, sempre più protagonisti del fuori casa.
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