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16 Dicembre 2022La carenza di personale è una delle maggiori criticità che le attività dell’hospitality riscontrano. Contratti inadeguati e orari spezzati di lavoro sono tra le principali obiezioni che i lavoratori del settore muovono agli imprenditori per motivare il crescente disinteresse verso i vari mestieri legati al fuori casa.
Da una survey interna, realizzata da Randstad, coinvolgendo i selezionatori della divisione hospitality&food, emerge che per i profili di sala a impattare fortemente sul rifiuto delle offerte sono le retribuzioni basse (51%) e i turni spezzati di lavoro (67%). A pesare in maniera rilevante sui rifiuti sono anche la cattiva brand reputation dell’impresa con un’incidenza del 35% e le esperienze pregresse negative del candidato (intorno a un terzo di incidenza).
Per i profili di cucina le criticità forti e importanti che incidono sui rifiuti dell’opportunità di lavoro sono le stesse: retribuzioni negative per il 52%, turni spezzati per il 51%, esperienza pregressa negativa per il 38%. Ad avere una grande rilevanza per le maestranze della cucina è la brand reputation del locale che incide sul diniego per il 61%.
Sostenibilità e umanità
“Molta forza lavoro con una formazione o esperienze nel fuori casa preferisce candidarsi per altre tipologie di lavori in altri settori – spiegano Laura Carletti e Laura Maria Onestinghel di Randstad: il 53% nella logistica e il 43% nella gdo food e non food perché offrono maggiore stabilità e continuità lavorativa e turni più conciliabili con la vita privata.
Per frenare questa emorragia di personale dal settore dell’OOH è necessario che i titolari di bar, ristoranti, locali, catering si interroghino sul tipo investimento che vogliono fare sulle risorse umane, cioè se il cameriere deve essere solo colui che porta i piatti oppure colui che accompagna il cliente nell’esperienza, se vogliono avere turnover rischiando scoperture di turni oppure se pensare a come conciliare l’esigenza della flessibilità con quella della soddisfazione dei propri collaboratori, per esempio aumentando le garanzie contrattuali e cercando un migliore work life balance”.
Il caso Autogrill, una possibile soluzione
Come conciliare le esigenze della domanda e dell’offerta di lavoro nel fuori casa? Una best practice che potrebbe fare scuola è stata messa a punto da Randstad per Autogrill.
La multinazionale di servizi per la ristorazione aveva richiesto 20 persone per un evento. Per ovviare alla difficoltà di trovare profili con esperienza per un periodo di tempo così breve, la società di selezione li ha assunti con un contratto a tempo indeterminato chiedendo ad Autogrill la garanzia di un numero minimo di ore di utilizzo. In questo modo, da un lato, si è risposto all’esigenza di stabilità che i lavoratori più esperti richiedono e, dall’altro, si è risposto alla richiesta di flessibilità del cliente.
Queste persone possono essere impiegate da Randstand anche in altre missioni lavorative e questo modello potrebbe diventare una soluzione da applicare anche ad altre realtà del fuori casa.
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