14 Settembre 2015

Simone Padoan: «creativo sì, ma non chiamatemi chef»

di Anna Muzio


Simone Padoan: «creativo sì, ma non chiamatemi chef»

Simone Padoan può essere considerato tra gli innovatori e gli inventori di quella che viene chiamata “pizza gourmet”. “Un termine che non mi piace perché dà l’impressione che sia una proposta per ristorantepochi, invece è per tutti”, mette subito le mani avanti Padoan. Lievito madre, grande attenzione agli impasti e coperture mutuate dall’alta cucina con accostamenti creativi sono le caratteristiche della pizza “targata” I Tigli. Impasti e lievitazioni che prepara personalmente, con cura e dedizione (l’intervista è rimandata perché “sto seguendo un impasto che di solito faccio io, se possiamo risentirci tra mezz’ora…”)

Da dove è nata l’idea di “innovare la pizza”?

Era il 1999, dappertutto nascevano i grandi locali da 500/600 posti con birreria, senza identità, e sembrava che la gente non cercasse altro. Mi dissi: o trovo il modo di cambiare il modo di fare pizza o cambio mestiere. Già da tempo avevo una passione per i lievitati, per il pane, mi interessava anche il lato estetico della presentazione e non mi piacevano i limiti e il modo in cui era proposta la pizza. Vedevo un’evoluzione nel mondo della ristorazione, mentre quello della pizza restava fermo. Ho iniziato a frequentare corsi di panificazione e un panificio in paese, per imparare a trattare le farine particolari, come quelle macinate a pietra, e accostarmi al mondo del lievito naturale. Non è stato un percorso facile. Oggi ci sono tanti molini evoluti che garantiscono controllo e qualità della materia, e anche il consumatore è più attento agli aspetti nutrizionali, alle intolleranze e alla salute: 15 anni fa non era così.

Come è stata presentata la novità ai clienti?

[caption id="attachment_83032" align="alignright" width="300"]pizza Branzino al tè pizza Branzino al tè[/caption]

Ho iniziato affiancando al menu classico una proposta a voce, per vedere le reazioni. Facevo serate a tema nel giorno di chiusura in cui raccontavo il mondo che abbiamo alle spalle, le farine, i formaggi, “educando” i clienti in modo leggero e divertente. Le prime pizze erano semplici, con due ingredienti al massimo. C’era quella che è diventata una delle mie “firme”, la pizza con tagliata di tonno e cipolle di Tropea, una rivisitazione della pizza con cipolla e tonno in scatola. La diversità però balzava all’occhio, con il tonno fresco e la cipolla marinata nell’aceto balsamico di Modena. [Non è più in menu perché per ragioni di sostenibilità Padoan non usa più il tonno, ndr]. Oppure la burrata con prosciutto crudo, semplicissima, nata da un viaggio con amici in moto in Toscana quando entrammo in una piccola gastronomia dove assaggiai questi due prodotti su un pane toscano, e da lì compresi la potenzialità dell’accostamento.

Il prezzo più alto è stato un ostacolo?

Le “nuove pizze” partivano da 15-20 Euro ma ho riempito serate “pizza e champagne” a 80-90 euro, c’era insomma interesse e voglia di mangiare una pizza diversa. In Italia è un prodotto legato al concetto di convivialità, alla cena a basso costo, ma la gente non è più disposta a mangiare male. Prevedo in futuro una grande selezione di locali.

[caption id="attachment_83033" align="alignright" width="300"]pizza Crudo di Gambero Rosso pizza Crudo di Gambero Rosso[/caption]

L’ambiente ha un suo ruolo? Qualche anno fa I Tigli è stato rinnovato...

Era da anni che avevo voglia di rifarlo, con la cucina a vista e più spazio per proporre il lievito naturale, che è al centro del nostro lavoro. Oggi usiamo due metodi diversi di lievitazione, uno per i dolci e uno per i salati. Gli impasti diversi si cuociono in tre forni, a legna, elettrico e ventilato, per ottenere consistenze diverse.

Cosa conta di più per fare una buona pizza?

L’impasto è la base, la parte più importante del nostro lavoro, perché siamo pizzaioli, il mondo della pizza nasce da lì. A seconda del tipo di impasto costruisco a ritroso la pizza decidendo quali ingredienti utilizzare per la copertura. Se l’impasto ha un’acidità marcata abbinerò un pomodoro dolce datterino e una burrata. Sono fondamentali anche le materie prime sulle quali non scendo a compromessi: vanno trasformate e lavorate il meno possibile. Tutto è concatenato, bisogna trovare il giusto equilibrio.

Che rapporto c’è tra innovazione e tradizione?

È un po’ come il rapporto tra naturalità, tecnica e tecnologia. Se non hai le basi della tradizione non puoi permetterti di fare innovazione. Così come non puoi fare un prodotto naturale se non hai la tecnica e la tecnologia necessarie per farlo. C’è stato un boom di prodotti bio e naturali che ci hanno portato a consumare prodotti difettosi, il pane con troppa acidità ad esempio, che non è una caratteristica del pane antico che è buono, sprigiona profumo di grano. La piacevolezza è il primo requisito che non può venire mai meno.

Ha avuto dei maestri?

Tantissimi, nominarne uno significherebbe fare torto ad altri 100. Sono stati tanti i cuochi disposti ad aprirmi la loro cucina. Carlo Cracco mi ha dato tanto, è una persona schietta, Lionello Cera che stimo per la sua etica lavorativa, ma si può imparare da tutti.

[caption id="attachment_83034" align="alignleft" width="300"]Cassis in cilindro di Cacao Cassis in cilindro di Cacao[/caption]

Quale politica dei prezzi adottare?

Deve esserci un giusto rapporto tra prezzo e qualità. Devo poter scegliere, all’interno del menu, la cifra da spendere [abbiamo pizze dai 9 ai 30 euro], perché la scelta di certe materie prime e la lavorazione hanno un prezzo, e questo va comunicato al cliente che deve essere reso partecipe delle scelte fatte. Se non facciamo questo, lasciamo incompleto il nostro lavoro.

Il futuro della pizza italiana?

Penso che ci sarà una selezione naturale tra chi cavalca l’onda del business e i troppi che lavorano ancora male, anche se alcuni sopravviveranno, se c’è spazio per McDonalds c’è spazio anche per loro. La crisi però è servita a questo: chi crede che il cliente sia stupido, non capisca, dovrà ricredersi. C’è tanta informazione specie tra i ragazzi, che hanno un modo diverso di comunicare, più veloce, e sono abituati a vivere in una società multietnica, hanno voglia di conoscere cose nuove. Esistono insomma ancora grandi potenzialità non sfruttate.

Pizzaioli stufi della solita Margherita? I consigli di Simone Padoan

Consigli applicabili sia a chi è alle prime armi sia al titolare di un locale classico che vuole rinnovarsi.

  • Decidi cosa vuoi fare e prova, testa, vai avanti con quell’idea dando la possibilità alle persone di comprendere cosa stai facendo. Non cercare di imporre da subito la novità.
  • Impara a conoscere le materie prime e comunicale al cliente. Inizia con una proposta semplice, rapportata a ciò che sai fare. Poi, rendila più complessa.
  • Chi lavora con te deve credere in ciò che fai.
  • Se sei convinto della tua idea, persevera. “Non bastano 15 giorni per mutare rotta, e la cosa peggiore è continuare a cambiare per cercare di inseguire la moda del momento. Bisogna avere le idee chiare sul percorso da intraprendere se si vuole assumere una propria identità”.
  • Non accontentarti mai. In caso di successo, rimani saldamente ancorato al terreno. “Facciamoci spingere dalla nostra passione, lasciamoci affascinare dall’‘arte bianca’ senza voler apparire a tutti i costi. Ricordiamoci che il vero protagonista non siamo noi, è il piatto che arriva in tavola”.

TAG: SIMONE PADOAN

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