18 Settembre 2012

L'opinione è condivisa. Le bollicine al bar sono vincenti: all’aperitivo, e non solo. Perché sono di facile gradimento, danno allegria e hanno una gradazione più bassa dei vini fermi.
«Il mondo delle bollicine è una filosofia. Chi le ama, in genere beve solo quelle, perché offrono un immediato piacere psicofisico: i gas presenti nel vino portano l’alcol al cervello più velocemente e inducono subito uno stato di euforia. E poi, nell’immaginario collettivo sono legate al successo e alle feste», osserva Ivan Favalli, patron del bar ristorante Aquariva a Padenghe sul Garda, in provincia di Brescia, una sorta di casa dello champagne con ben 150 etichette, premio 2012 La Flûte BeachClub Pommery. «Spingere il consumo verso le bollicine come aperitivo è una scelta vincente, perché hanno una gradazione più bassa dei vini fermi ed è più facile che il cliente si conceda un bicchiere in più. Inoltre, nei tavoli intorno si innesta un effetto di traino, soprattutto nel caso dello champagne, perché il prodotto è sinonimo di buono status sociale e di elevata capacità di spending», aggiunge.
Il target di riferimento
Ma su quali bollicine conviene puntare? «Non esiste una regola valida per tutti: dipende dal target di riferimento del locale», spiega Davide Corrò, patron del wine bar Al Prosecco di Venezia. Il bar enoteca La Coloniale di Milano, per esempio, è sempre pieno, dalle 10.30 alle 21, grazie a una formula semplice: la rotazione settimanale di diverse bottiglie, una buona scelta tra prosecco, spumante e champagne e la presenza costante di qualche appetizer, non solo in orario happy hour. «Il nostro è un format che si è diffuso con successo anche nel Salento», assicura il patron, Pasquale Spadone, che tutte le estati trascorre le vacanze nel suo paese natale, in Puglia.
Ma c’è pure chi punta, con successo, sulla specializzazione. È il caso dell’Aquariva. «A tutti i gestori di bar-ristorante di alto livello suggerisco di spingere lo champagne fin dall’aperitivo: per cena, il cliente difficilmente acquisterà una bottiglia di livello inferiore. In questo modo, personalmente, ho incrementato la vendita di Pommery», racconta Ivan Favalli. E “specializzazione” è anche la parola chiave di Emanuele Roccatelli, titolare del Bar Propaganda di Roma, che serve solo Franciacorta. «Le ragioni? È un prodotto riconosciuto in tutto il mondo per l’alto livello qualitativo ed è poco diffuso, al contrario del Prosecco. Siamo stati premiati: lo richiede il 40% dei clienti». E ora, uno sguardo al rosè: «Attualmente assistiamo a un aumento dei consumi, ma rimane comunque un prodotto di nicchia», sentenzia Pasquale. Veniamo quindi alla clientela: chi sono gli amanti delle bollicine? «Ormai il target è trasversale, uomini e donne di tutte le età», risponde Davide Corrò.
Proporre assaggi
Ma come avvicinare nuovi clienti? Emanuele Roccatelli non ha dubbi: «Bisogna offrire degli assaggi per far conoscere il prodotto: il costo dell’iniziativa è irrisorio e il ritorno è garantito. Per incrementare i consumi, inoltre, vale la pena inserire nella carta anche dei cocktail, come lo Spritz, che oggi va parecchio di moda». E Davide Corrò aggiunge: «Il Prosecco è un prodotto semplice, di facile gradimento. Per essere vincenti, però, è essenziale garantire un buon rapporto qualità-prezzo e diffondere la cultura del valore del metodo classico italiano». Dibattito aperto, invece, sull’ipotesi del format champagneria pura: tra gli intervistati, c‘è chi nutre dubbi sulla possibilità che sia un buon investimento in un periodo di crisi come questo.
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