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11 Dicembre 2019
Se il nome di Jim Meehan non vi (ancora) un granché, facciamo un ripasso. Bartender e scrittore, è una celebrità nel mondo della mixology. E ha appena pubblicato un nuovo libro, Il Manuale di Jim Meehan.
Un testo interessante, che si concentra sul senso del bartending. Da leggere, insomma.
Edito da Readrink, è ricco di informazioni utili per gli operatori del settore e per gli appassionati di mixolgy, nonché di ricette di classici e originali (100 in totale)
“Spero che il libro incoraggi il dialogo su come si gestisce un locale. Ci sono molti modi per avere successo con un bar: io do il mio punto di vista”, chiarisce a Mixer l’autore.
Che comincia il manuale con la storia dei cocktail in America, dal punch del XVII e XVIII secolo fino ai drink di fine ‘800 che beviamo tutt’ora. E poi prosegue con una serie di approfondimenti dedicati al bar design, alle attrezzature, alle tecniche, al servizio e all’ospitalità. Senza scordare un capitolo sugli ingredienti base, dal vermouth al vino, dalla vodka al rum, fino a mezcal, tequila e pisco. Il tutto tra opinioni, riflessioni e ricordi di oltre 50 dei protagonisti della scena mondiale della mixology. Con un occhio di riguardo anche al menù. E proprio di questo noi di Mixer abbiamo parlato con Jim Meehan in occasione della presentazione del libro al Club Derriere di Roma.
Jim Meehan, quanto è importante il menù per un cocktail bar?
Moltissimo. Oltre all’aspetto estetico, che è fondamentale per impostare lo stile, il menù serve agli ospiti come un programma di sala.
Come creare un menù di successo?
Una carta ben fatta deve includere una selezione di signature annuali, integrati da cocktail stagionali che suscitano interesse dei clienti e dei media. Quanto ai classici, dovrebbero essere realizzati a partire da un’ampia gamma di distillati di base di qualità, essere serviti in bicchieri di ogni foggia ed essere curati in termini di colore e texture.

E quanto conta il nome di un drink?
È un elemento determinante per la fortuna di un cocktail. Il nome del drink va studiato con attenzione, perché deve raccontare una storia e suggerire uno stile. Da quella del suo ideatore (vedi il Negroni) a quella del luogo (è il caso di Bronx e Manhattan). Oppure può rappresentare una promessa: quella di farci sentire meglio (il Penicillin) o più disinvolti (Cosmopolitan), per esempio. E ancora: può ricordare un aneddoto storico.
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