spirits
30 Giugno 2016
Barman freelance, il siciliano Alejandro Giacalone compirà 38 anni ad agosto. I suoi bartender di riferimento? Luca Cinalli, Charles Flamminio e Nicolas Saint Jean, che considera "il suo padre spirituale". E racconta: “Mi sono avvicinato al mondo del bere miscelato nel 2004, negli Stati Uniti. Ero partito con l’idea di trascorrere le vacanze e alla fine mi sono fermato per imparare la lingua e lavorare nel mondo della ristorazione. Risultato? Non solo ho migliorato l’inglese, ma mi sono pure appassionato al mondo della mixology”. Tornato in Italia, Alejandro ha iniziato a lavorare come cameriere in un hotel fino a quando un giorno si è trovato a sostituire il barman ufficiale, ammalato. “Lo ammetto: ai tempi non conoscevo le ricette e ignoravo le proporzioni. Ho improvvisato, quindi, sulla base di quello che avevo visto fare. E quando mi sono accorto che i clienti erano soddisfatti ho provato un’enorme soddisfazione, nonché uno sprone a studiare e migliorare”.
L’incontro più significativo della tua carriera?
Quello con il flair bartender Nicolas Saint Jean. Ho seguito un suo master di tre giorni, una full immersion intensa ed elettrizzante. Se faccio un bilancio, è stata l’esperienza più importante, che ha comportato una svolta nell’approccio al mestiere. Inoltre, mi è stato di stimolo conoscere il gruppo Cocktail Art creato da Diego Ferrari.
Il tuo stile di miscelazione è...?
Creativo. Propongo cocktail originali sia negli abbinamenti sia nella presentazione, di certo impatto visivo. Tra l’altro, per potermi dedicare allo sviluppo di nuove ricette ho rilevato un garage e l’ho trasformato nel mio laboratorio. È una sorta di spazio sospeso nel tempo, dove gli orologi non funzionano. In questo mondo parallelo mi sono inventato il personaggio del barman- cappellaio matto.
Il tuo motto?
È impossibile solo se pensi che lo sia.
È difficile fare il barman freelance in Sicilia?
Personalmente sono soddisfatto del mio percorso e delle collaborazioni instaurate fino ad oggi. Il mio obiettivo è potermi dedicare al cliente, lavorare su drink cuciti su misura, creati ascoltando i gusti dell’avventore. Un’ambizione che sto realizzando, a dirla tutta. Tuttavia, la Sicilia non è una piazza facile: nonostante l’interesse per i cocktail sia cresciuto, così come il livello medio di conoscenza su drink e distillati, la clientela in genere è ancora poco preparata rispetto al mondo della mixology. E di conseguenza la possibilità di sperimentare e di proporre drink alternativi ai classici must è limitata.
Quali sono i cocktail più richiesti?
Sprizt, Negroni, Mojito e Moscow Mule.
Che ruolo ha il barman nella diffusione della cultura del bere miscelato, secondo te?
Fondamentale. Ecco perché, per esempio, ai clienti interessati spiego l’origine di distillati e cocktail.
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