BEVERAGE & GROCERY
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non tariffario, se si valuta che tra
maggio 2012 e maggio 2013 il
solo quintetto costituito da Argen-
tina, Russia, Indonesia, Brasile e
Cina ha emanato 414 provvedi-
menti restrittivi.
«Nel caso, per esempio, di carni
e salumi - ha confermato Lisa
Ferrarini, presidente dell’asso-
ciazione di settore Assica durante
il meeting - siamo sottoposti a
fortissimi vincoli sanitari che ci
impediscono di essere presenti
in mercati dove inesorabilmente
lasciamo campo libero proprio
all’italian sounding».
In questo modo, dunque, «Viene
dato spazio a una zona grigia - ha
aggiunto Paolo de Castro, presi-
dente uscente della Commissione
Agricoltura e Sviluppo Rurale del
Parlamento Europeo - che può e
deve essere invece combattuta
attraverso regole e accordi in-
ternazionali capaci di assicurare
trasparenza sulla qualità delle
materie prime e sui processi pro-
duttivi utilizzati dagli operatori di
filiera».
CONSUMI, FRA TAGLI
E BISOGNI EMERGENTI
Se all’estero la nostra industria agroalimentare è penalizzata
dal fenomeno dell’italian sounding, sul fronte interno deve
invece fare i conti con una contrazione dei consumi che non
accenna a invertire la rotta. A rilevarlo è una ricerca condotta
da Ispos e presentata durate il convegno “Parliamo di food
a 365 giorni da Expo” promosso da Tuttofood-Fiera Milano,
che sottolinea come i tagli alla spesa abbiano negli ultimi
anni toccato sostanzialmente tutte le categorie del paniere
alimentare. Sullo sfondo, i cambiamenti di comportamento
indotti dalla crisi, riassumibili in tre punti principali. Il primo:
cresce la ricerca del prezzo migliore, delle promozioni e delle
private label.
E aumenta conseguentemente la tendenza a frequentare
punti di vendita diversi per approfittare delle condizioni di
acquisto più favorevoli offerte da ciascuno. Ne deriva una
minore fedeltà alla marca, che resta sì una garanzia di qualità,
ma che perde in parte il suo appeal: solo un consumatore
su tre è disponibile a pagare di più a fronte di acquisti
“branded”. Il secondo: si rafforza la necessità di arginare
gli sprechi, che si traduce in una maggiore attenzione alla
dispensa e ai formati acquistati.
Soprattutto nel caso di referenze non di prima necessità, si
assiste quindi a una maggiore diffusione di confezioni più
piccole e monoporzione che consentono di controllare meglio
la quantità consumata. Infine, il terzo: diventa più consistente
la richiesta di informazioni da parte dei consumatori, sempre
più attenti alla propria salute e quindi sempre più inclini a
verificare ingredienti, scadenze e origine sulle etichette.
Paolo
De Castro
Lisa
Ferrarini