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54

NOVEMBRE/DICEMBRE 2014

DIGITAL WORLD

I

l mondo digitale si sta confrontando negli ultimi

mesi con un problema che sta assumendo risvolti

sempre più complessi e globali. Si tratta del diritto

all’oblio. La questione è presto detta: la soprav-

vivenza in Rete di link e contenuti resi accessibili in

modo rapido dai motori di ricerca a notizie e contenuti

che possono ledere in modo perpetuo privacy, ono-

rabilità e reputazione di una persona o di un marchio.

Si tratti di pura diffamazione o di richiami a notizie che

non contengono più fatti attuali il problema appare es-

sere identico.

La situazione è ben riassunta del Garante sulla Privacy

Italiana Antonello Soro che ha dichiarato che “I giganti

di Internet tendono ad occupare in modo sempre più

esclusivo ogni spazio di intermediazione tra produttori

e consumatori, assumendo un potere che si traduce

anche in un enorme potere politico. Un potere sot-

tratto a qualunque regola democratica”. Se infatti un

procedimento penale istituito nei confronti di un citta-

dino, dopo l’avvenuta piena assoluzione in tribunale,

permane in Rete, esso verrà restituito quale risultato

dell’interrogazione del motore di ricerca, indipenden-

temente dalla nuova situazione di estraneità nei fat-

ti contestati. L’esempio può essere esteso anche al

settore commerciale, basti pensare a tutte le notizie

su so sticazioni o scandali collegati alla mozzarella di

bufala, o a marchi, come ad esempio è capitato a Nike

ed Adidas in relazione alle accuse di sfruttamento di

lavoro minorile. La Corte di Giustizia UE ha stabilito

nello scorso maggio quindi che la responsabilità dei

motori di ricerca - e nello speci co soprattutto di Go-

ogle - sia fondamentale e che chi volesse ottenere il

diritto all’oblio possa rivolgersi direttamente per richie-

dere la rimozione. Google ha replicato che la sentenza

contiene poca chiarezza sui dettagli, ma ha messo al

lavoro la propria macchina organizzativa istituendo

anche un Comitato internazionale composto da illustri

professori competenti in materia, tra cui l’italiano Lu-

ciano Floridi. Mentre gli esperti, la corte di giustizia e

le Autorità Garanti della Privacy sono impegnatissimi

a cercare una soluzione, Google ha recentemente rila-

sciato un aggiornamento dei dati relativi alle richieste

di rimozione: quasi 145 mila a livello europeo che han-

no spinto il motore di ricerca ad esaminare un totale di

quasi 500 mila URL, che hanno portato alla rimozione

del 42% per cento degli URL segnalati. Le richieste

provenienti dall’Italia sono state poco più di 11 mila e

solo il 24% degli URL segnalati sono stati rimossi. Gli

investimenti sempre più importanti che i brand stanno

mettendo in campo per sostenere nei canali digitali

reputazione e immagine dei prodotti non può, quindi,

ignorare l’attenta veri ca, e le conseguenti richieste di

rimozione, di link che possono danneggiarli ingiusta-

mente. La dimensione globale e l’immediatezza dei

messaggi in Rete rendono la tutela della reputazione

materia complicata anche da legislazioni differenti e

dalla volontà dei motori di ricerca di aiutare a proteg-

gere asset importantissimi per le aziende moderne.

S

Ricorda di dimenticare

DIRITTO ALL’OBLIO: IN MATERIA LA CORTE DI GIUSTIZIA UE HA STABILITO CHE LA RESPONSABILITÀ

DEI MOTORI DI RICERCA - E NELLO SPECIFICO SOPRATTUTTO DI GOOGLE - È FONDAMENTALE

DIEGO MARTONE

Ricercatore, partner di Demia, società di consulenza strategica

e innovazione per le imprese (demia.it).