BEVERAGE & GROCERY
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biettivo dell’indagine e dal budget, ed
è necessaria una partnership forte con
il distributore che deve essere disposto
a ‘prestare’ il suo punto vendita per
indagini che per lo più sono richieste
dal produttore, per testare il category.
In genere noi preferiamo l’approccio
real-life; quello virtuale permette un
contenimento dei costi e più libertà
di manovra, ma è limitato dal fatto
di trovarsi di fronte a uno schermo,
senzaquegli stimoli emozionali propri
dell’esperienza di acquisto reale».
I distributori utilizzano questa tecno-
logia? «In Italia ancora poco, anche
se è molto adatta per lavorare sul
layout del punto vendita, un elemento
oggi particolarmente importante. Il
punto vendita fisico, che subisce la
concorrenza dell’e-commerce, deve
diventare emozionale ma, per quanto
riguarda il largo consumo, deve ab-
binare l’emotività al giusto prezzo e
a un mix di prodotti corretto, ovvero
conseguente con il bacino d’utenza.
Deve favorireunamodalitàd’acquisto
razionale. Oggi con i cambiamenti in
atto nella famiglia a tutti capita di fare
la spesa, e anche chi non è assiduo non
deve faticare a orientarsi nel negozio.
Sempre più cruciale è il fattore tempo.
L’eye tracking risulta efficace specie
per studiare le aree problematiche o i
punti morti, come la cura della casa e
della persona o i casalinghi, e decidere
se il problema è di traffico o di prezzo.
È utile per decidere se investire su
una categoria di prodotto sondando la
risposta del consumatore.
Si può lavorare molto bene sulle logi-
che di scaffale, ma anche sull’intera
superficie seguendo un utente che fa
la sua normale spesa e rilevando in
quali aree si sofferma e dove volge lo
sguardo».
L’ambito in cui viene più usato dai
retailer invece qual è? «L’eye tracking,
che può essere applicato a qualunque
stimolo visivo, è utilizzato per testare
l’efficacia di un volantino. Un mezzo
di comunicazione molto costoso che
suscita dubbi circa la sua diffusione e
la sua efficacia». Va detto che l’eye tra-
cking da solo non basta. «È necessaria
un’analisi preliminare innanzitutto
sulbacinodiriferimento,analizzando
l’utenza e la concorrenza. Si lavora
sempreinunalogicadigeomarketing,
e su tre-quattropunti vendita contem-
poraneamente.Inoltrel’eyetrackingè
unamisurazione oggettiva dell’atten-
zione del cliente, misura le attitudini
ma non indaga le motivazioni: per
questo abbiniamo sempre l’analisi
con interviste qualitative».
Ormai proponete questa tecnologia
da unpaiod’anni. Cosa avete rilevato
dal lavoro “sul campo”? «Abbiamo
capito qual è il soggetto più interes-
sante, quello da studiare con più at-
tenzione: non il grab&go, cheviaggia
con il pilota automatico con il solo
obiettivo di trovare il prodotto che
desideraeandareallacassa,maquello
che si soffermae scandaglia loscaffa-
le. È curioso, sta cercando qualcosa
di nuovo e nel suo caso è interessante
capirequalèilprodottooilpackaging
più attrattivo. Inoltre, abbiamo capito
come presentaremeglio i dati».
E il consumatore è cambiato? «È
sempre più ‘laico’ nell’appoccio con
lamarca e attento al prezzo e alla pro-
mozione, ma questo è un dato che ri-
leviamo anche da altri tipi di analisi».
Lamisura
delleemozioni
Scientificità e oggettività nelle ri-
levazioni sono importanti non solo
da un punto di vista quantitativo.
«Le emozioni sono una variabile
determinante nel processo d’acquisto
– spiega Vincenzo Russo, professore
di psicologia e consumi allo IULMdi
Milano -. Le ricerche neuroscientifi-
cheprovanochesicolpisceprimacon
le emozioni che con la razionalità».
Per questo nei focus group le dichia-
razioni degli intervistati non sono
del tutto attendibili, ma sono filtrate
dalla volontà di compiacere l’inter-
vistato o dalla scarsa consapevolezza
degli impulsi che guidano alla scelta.
Quali sono gli sviluppi futuri dell’eye
tracking? «Il Behavior andBrainLab
IULM in collaborazione con il MIT
ha studiato la possibilità di rilevare,
misurando la sola dilatazione pupil-
lare, oltre alla direzione e al tempo
di permanenza dello sguardo, anche
le reazioni emotive utili a cogliere
meglio la qualità e l’intensità edonica
dell’attenzione.Unaccostamentoche
facciamo già, utilizzando caschetti
che limitano però la spontaneità
dell’osservatore. Presenteremo i
risultati della ricerca ad Osaka in
Giappone il prossimo luglio».
B
L’eye tracking è efficace per studiare
i punti morti sullo scaffale e decidere
se il problema è il traffico o il prezzo
VA DOVE TI PORTA LO SGUARDO...
Varie ricerche hanno indagato gli elementi che deve avere un prodotto per attirare su di
sé l’attenzione del cliente. Ecco cosa hanno scoperto:
• Un allestimento a scaffale che utilizza i colori per identificare le sotto-categorie di
prodotto aiuta lo shopper a scegliere più velocemente e ad effettuare esattamente
l’acquisto desiderato (Nielsen);
• Il materiale informativo nel punto vendita che aiuta il cliente a orientarsi sottolineando
le caratteristiche di un prodotto e i vantaggi per il consumatore favorisce l’acquisto e i
volumi di vendita (PRS Research);
• I consumatori acquistano la marca nota che vedono per prima (all’interno di una
gamma di “prodotti accettabili”); il prodotto noto è rassicurante e fa risparmiare tempo
(non obbliga a comparare);
• I discount hanno il più alto tasso di acquisti non programmati, che è anche
conseguenza di una scelta più limitata in store.