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38

GENNAIO/FEBBRAIO 2015

MARKETING

s

embra impossibile, ma fare

radio in store è anche più

difficile che fare una radio

commerciale. A dirlo è

Mas-

simo Petrella

di

Tailoradio

, una delle

tre società di radio in store che abbiamo

ascoltato per una panoramica di questa

particolare forma di comunicazione

all’interno dei punti vendita. Sembra

impossibile, ma se ci si pensa non può

essere che così, considerando che se una

normale radio commerciale deve “solo”

intrattenere e informare, una radio in

store ha anche una finalità promozionale

(che però è diversa da quella della pub-

blicità classica) e un importante scopo

di brand awareness.

I dipendenti, innanzitutto

Prima di affrontare questi temi, è bene

però partire da un’altra caratteristica di-

stintiva di questo tipo di comunicazione,

una caratteristica a cui spesso non si fa

caso. Destinata in primis ai clienti/con-

sumatori, la radio in store è fruita anche,

e soprattutto, da chi nei punti vendita

lavora. Un fatto questo che deve suggerire

delle cautele, ma che riserva anche delle

opportunità.

“C’è unproblema chemolti sottovalutano,

e cioè che i dipendenti dei punti vendita

ascoltano la radio per otto ore al giorno,

e senza averlo scelto” segnala Massimo

Petrella.

“Ciò fa sì che si debba esseremolto attenti

a programmare un elevatissimo numero

di brani con un basso numero di ripeti-

zioni per brano, e una programmazione

nuova ogni giorno.

Allo stesso tempo, si può usare la radio in

RADIO IN STORE: PER TUTTI LA PAROLA D’ORDINE

È PERSONALIZZAZIONE; A CAMBIARE SONO LE FORMULE

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di Giuliano Pavone

Giusto mix

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