FEB. MAR. 2017
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IN CUCINA
E
rrare humanum est, di-
cevano i latini. La pen-
sa così anche Giuliano
Baldessari, titolare e
chef di “Aqua Crua” a Barbarano
Vicentino, sui Colli Berici. Ironico
ma al tempo stesso con i piedi per
terra, Baldessari ci racconta della
sua ‘giovane’ carriera che vanta
collaborazioni prestigiose, stella
Michelin al seguito, e tanta umiltà
al punto da svelarci un suo picco-
lo segreto: “per me gli errori sono
importanti. La mia ricetta dei ravioli
con crema di zucca e geranio al
limone è nata infatti per sbaglio,
dal tentativo di fare uno yogurt ai
porcini”.
La tua è una bella storia da rac-
contare: un ragazzo che aveva un
sogno nel cassetto…
Più che da un sogno, potremmo
dire che tutto è nato da una delu-
sione. Avevo firmato un contratto
per andare a lavorare in Svizzera,
ma il giorno prima della partenza mi
hanno chiamato ed è saltato tutto.
Mi sono ripromesso che non mi
sarei mai più sentito così.
Qual è stato il tuo percorso for-
mativo?
Dopo le scuole medie ho fatto un
anno di meccanica all’Enaip, ma
non mi piaceva. Sono andato a fare
la stagione Da Mario, alla stazio-
ne di Marter. Qui ho scoperto la
passione per la cucina e mi sono
iscritto alla scuola alberghiera di
Levico. Con determinazione e an-
che fortuna mi sono fatto notare da
Giorgio Nardelli che all’epoca era
allenatore della nazionale cuochi.
Lui mi ha messo alla prova, e mi
ha mandato tre anni in Germania
per poi prendermi a lavorare con
lui a Bolzano.
Quanto hanno contato le espe-
rienze all’estero?
Le esperienze in se non contano.
Credo piuttosto che sia necessario
lavorare sulla propria sensibilità.
La vera linfa vitale per un cuoco è
mantenere sempre la voglia di fare
bene il proprio lavoro e puntare
alla massima espressione dei propri
piatti. L’importante è come vedi le
cose e come le interpreti.
Il tuo stile in cucina è la som-
ma di tre esperienze: quella con
Massimiliano Alajmo, con Aimo
Moroni e con Marc Veyrat. Cosa
hai imparato da ciascuno di loro?
Umanamente mi hanno dato tanto
tutti e tre. Dal punto di vista della
cucina da Marc Veyrat ho imparato
a non aver paura di osare e da Aimo
DI MARIA ELENA DIPACE
40 anni, un curriculum d’eccezione, una grande
sensibilità e la ‘trasparenza’ che mette al centro
del suo lavoro
Il cuoco
democratico




