DIC. GEN. 2017
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IN CUCINA
quandohai cominciatoapensaredi
poterti mettere in proprio e quali
erano le tue paure, ma anche le
tue certezze…
L’apertura di Bar Italia è nata un po’
per gioco: l’investimento non era così
eccessivo…Assieme ad altri ragazzi,
sempre del settore, nel 2007 abbiamo
aperto il locale tra tante paure perché
non è mai facile creare un qualcosa
exnovo. L’unica certezza erano lemie
mani, la consapevolezza di saper fare
bene il lavoro e nient’altro. Qualche
anno dopo, con la crisi del 2009, i
miei soci hanno volutomollare. Io un
po’ testardo, straconvinto della pos-
sibilità di essere vincenti, ho voluto
continuare. Ho trovatonuovi soci eda
quel momento è partita la crescita del
format che ci ha permesso di aprire
nel 2011 anche il secondo Bar Italia
nella prestigiosa Madison Avenue.
Che tipo di locale hai creato? Come
si è evoluto nel tempo e come mai
il nome Bar Italia?
Ho voluto creare un punto di rife-
rimento accessibile a tutti. Credo
che New York sia purtroppo una
città di persone tanto sole. Ricordo
i miei primi anni nella Grande Mela
come un periodo di grande lavoro,
ma anche di tanta solitudine. Per
questo ho voluto creare questo posto
accogliente, e penso di esserci riu-
scito. Il nome si ispira al Caffè Italia
di Borgo Valsugana. Il proprietario
del bar, purtroppomancato qualche
anno fa, è stato un po’ il ‘padre’ di
tutti noi giovani della zona quando si
iniziava a uscire e fare le ore piccole.
Come sei riuscito a farlo diventa-
re un punto di riferimento nella
Grande Mela così importante in
pochissimo tempo?
Non direi pochissimo. Sono 9 anni
ormai che ci metto anima e cuore
tutti i giorni orgogliosissimo di farlo,
lavorando duro, nel pieno rispetto
delle regole e con tanto amore per
ogni cosa che faccioeper ogni singola
persona che entra.
Tuami definire il tuo localeunristo-
ranteper tutti anche se è frequenta-
todanumerosi VIP. Èdavvero così?
Sì lo è, ma lo dico sinceramente, tratto
i personaggi famosi come tutti gli altri.
I VIP vanno e vengono, è la clientela
abituale che mi garantisce la giornata
e il cassetto.
Gli americani hanno un’alimenta-
zione molto diversa dalla nostra.
C’è qualche trucco per incuriosire
l’avventore straniero, magari con
un ingrediente irrinunciabile per
loro, ma non consueto nella nostra
cucina o basta solo la passione per
il ‘made in Italy’?
Quando servi roba buona e di alta
qualità, credetemi, anche l’americano
sa apprezzare. Il Made in Italy è sem-
pre il cavallodi battaglia, l’importante
che sia vero Made in Italy.
Tra i tuoi aficionados c’è anche
il nuovo Presidente Trump. Qual
è il suo piatto preferito. Qualche
aneddoto?
L’ho conosciuto da Cipriani, ci veniva
molto spesso ma non ricordo quale
fosse il suo piatto preferito. Al Bar
Italia viene spesso Ivana Trump, la
ex moglie, che è un’amante del fega-
to alla veneziana, una persona molto
tranquilla e distinta.
Ho letto che torneresti in Italia per
aprire un ristorante nel tuo paese,
Borgo. Lo faresti davvero?
Rimane sempre il mio sogno nel cas-
setto… chissà mi piace sognare!




