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DIC. GEN. 2017

26

IN CUCINA

quandohai cominciatoapensaredi

poterti mettere in proprio e quali

erano le tue paure, ma anche le

tue certezze…

L’apertura di Bar Italia è nata un po’

per gioco: l’investimento non era così

eccessivo…Assieme ad altri ragazzi,

sempre del settore, nel 2007 abbiamo

aperto il locale tra tante paure perché

non è mai facile creare un qualcosa

exnovo. L’unica certezza erano lemie

mani, la consapevolezza di saper fare

bene il lavoro e nient’altro. Qualche

anno dopo, con la crisi del 2009, i

miei soci hanno volutomollare. Io un

po’ testardo, straconvinto della pos-

sibilità di essere vincenti, ho voluto

continuare. Ho trovatonuovi soci eda

quel momento è partita la crescita del

format che ci ha permesso di aprire

nel 2011 anche il secondo Bar Italia

nella prestigiosa Madison Avenue.

Che tipo di locale hai creato? Come

si è evoluto nel tempo e come mai

il nome Bar Italia?

Ho voluto creare un punto di rife-

rimento accessibile a tutti. Credo

che New York sia purtroppo una

città di persone tanto sole. Ricordo

i miei primi anni nella Grande Mela

come un periodo di grande lavoro,

ma anche di tanta solitudine. Per

questo ho voluto creare questo posto

accogliente, e penso di esserci riu-

scito. Il nome si ispira al Caffè Italia

di Borgo Valsugana. Il proprietario

del bar, purtroppomancato qualche

anno fa, è stato un po’ il ‘padre’ di

tutti noi giovani della zona quando si

iniziava a uscire e fare le ore piccole.

Come sei riuscito a farlo diventa-

re un punto di riferimento nella

Grande Mela così importante in

pochissimo tempo?

Non direi pochissimo. Sono 9 anni

ormai che ci metto anima e cuore

tutti i giorni orgogliosissimo di farlo,

lavorando duro, nel pieno rispetto

delle regole e con tanto amore per

ogni cosa che faccioeper ogni singola

persona che entra.

Tuami definire il tuo localeunristo-

ranteper tutti anche se è frequenta-

todanumerosi VIP. Èdavvero così?

Sì lo è, ma lo dico sinceramente, tratto

i personaggi famosi come tutti gli altri.

I VIP vanno e vengono, è la clientela

abituale che mi garantisce la giornata

e il cassetto.

Gli americani hanno un’alimenta-

zione molto diversa dalla nostra.

C’è qualche trucco per incuriosire

l’avventore straniero, magari con

un ingrediente irrinunciabile per

loro, ma non consueto nella nostra

cucina o basta solo la passione per

il ‘made in Italy’?

Quando servi roba buona e di alta

qualità, credetemi, anche l’americano

sa apprezzare. Il Made in Italy è sem-

pre il cavallodi battaglia, l’importante

che sia vero Made in Italy.

Tra i tuoi aficionados c’è anche

il nuovo Presidente Trump. Qual

è il suo piatto preferito. Qualche

aneddoto?

L’ho conosciuto da Cipriani, ci veniva

molto spesso ma non ricordo quale

fosse il suo piatto preferito. Al Bar

Italia viene spesso Ivana Trump, la

ex moglie, che è un’amante del fega-

to alla veneziana, una persona molto

tranquilla e distinta.

Ho letto che torneresti in Italia per

aprire un ristorante nel tuo paese,

Borgo. Lo faresti davvero?

Rimane sempre il mio sogno nel cas-

setto… chissà mi piace sognare!