OTT. NOV. 2015
43
INCENTIVI: DIPENDE DAL TIPO
DI RISTORANTE. Aumentano le
richieste insomma per un lavoro
già duro, che obbliga a orari pro-
lungati e non rispetta le feste co-
mandate, ma il trattamento econo-
mico è migliorato? «Assolutamente
no – dice Zappile – è un lavoro
che si fa per passione, troviamo
soddisfazione nella riconoscenza
del cliente». Con le nuove tecnolo-
gie di cassa è possibile calcolare
lo scontrino medio di ogni addetto
di sala, perché quindi non pro-
porre incentivi a chi fa meglio? «È
importante motivare, far prendere
ai collaboratori l’adrenalina del
servizio, altra cosa è l’incentivo
economico – dice Stefano Cerveni
chef di Terrazza Triennale Milano
e del Due Colombe a Borgonato
di Cortefranca –. In certi contesti
può essere un’arma a doppio ta-
glio dare l’impressione al cliente
di spingere ad ordinare di più.
Può invece avere senso in una
ristorazione più standardizzata».
La catene, appunto. Secondo San-
tinato «Siamo a un bivio: ci sono i
tanti ristoranti a gestione famiglia-
re che devono darsi un’identità,
puntando su territorio, tradizione,
chilometro zero, ma è destinata ad
aumentare la quota della ristora-
zione organizzata come nel resto
d’Europa. Ci sarà sempre meno
spazio per i ristoranti superflui,
senza personalità». E l’accoglienza
può fare la differenza: il cliente che
si sente accolto, a suo agio, ritorna.
Se no, difficilmente concede una
seconda possibilità.
i clienti senza giudicarli» ricordando
che «l’errore in sala lo pagano tutti».
Per Claudio Sadler «è il cliente che ti fa
lavorare e bisogna fargli conoscere il
proprio pensiero». «Ci vuole passione: se
qualcuno rema contro, meglio lasciarlo
andare che cercare di cambiarlo» ha
concluso lo chef-pasticcere Salvatore
de Riso.
Da sinistra nella sequenza fotografica a fianco: la sala dell’incontro organizzato da Apci, Sonia Re,
direttore generale dell’associazione, e Tano Simonato all’opera




