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OTT. NOV. 2015

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INCENTIVI: DIPENDE DAL TIPO

DI RISTORANTE. Aumentano le

richieste insomma per un lavoro

già duro, che obbliga a orari pro-

lungati e non rispetta le feste co-

mandate, ma il trattamento econo-

mico è migliorato? «Assolutamente

no – dice Zappile – è un lavoro

che si fa per passione, troviamo

soddisfazione nella riconoscenza

del cliente». Con le nuove tecnolo-

gie di cassa è possibile calcolare

lo scontrino medio di ogni addetto

di sala, perché quindi non pro-

porre incentivi a chi fa meglio? «È

importante motivare, far prendere

ai collaboratori l’adrenalina del

servizio, altra cosa è l’incentivo

economico – dice Stefano Cerveni

chef di Terrazza Triennale Milano

e del Due Colombe a Borgonato

di Cortefranca –. In certi contesti

può essere un’arma a doppio ta-

glio dare l’impressione al cliente

di spingere ad ordinare di più.

Può invece avere senso in una

ristorazione più standardizzata».

La catene, appunto. Secondo San-

tinato «Siamo a un bivio: ci sono i

tanti ristoranti a gestione famiglia-

re che devono darsi un’identità,

puntando su territorio, tradizione,

chilometro zero, ma è destinata ad

aumentare la quota della ristora-

zione organizzata come nel resto

d’Europa. Ci sarà sempre meno

spazio per i ristoranti superflui,

senza personalità». E l’accoglienza

può fare la differenza: il cliente che

si sente accolto, a suo agio, ritorna.

Se no, difficilmente concede una

seconda possibilità.

i clienti senza giudicarli» ricordando

che «l’errore in sala lo pagano tutti».

Per Claudio Sadler «è il cliente che ti fa

lavorare e bisogna fargli conoscere il

proprio pensiero». «Ci vuole passione: se

qualcuno rema contro, meglio lasciarlo

andare che cercare di cambiarlo» ha

concluso lo chef-pasticcere Salvatore

de Riso.

Da sinistra nella sequenza fotografica a fianco: la sala dell’incontro organizzato da Apci, Sonia Re,

direttore generale dell’associazione, e Tano Simonato all’opera