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FEB. MAR. 2014
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U
na varietàd’uva che spes-
so è ancora sinonimo di
vini dal coloreunpo’ sca-
rico e dal gusto ruvido e
tannico, soprattutto in giovinezza.
In realtà, se si è disposti a lascia-
re da parte i luoghi comuni, oggi
più che mai il Nebbiolo è capace
di offrire piacevoli sorprese, che
non comprendono necessariamen-
te solo grandi vini come Barolo e
Barbaresco.
Questi cambiamenti hanno alle
spalle una serie di importanti in-
novazioni viticole ed enologiche,
come per esempio riduzioni dra-
stiche delle rese in vigna, vinifi-
cazioni separate dei singoli cru,
utilizzo di rotomaceratori (che ri-
ducono il tempo delle macerazioni
a contatto con bucce), affinamento
in barrique e utilizzo di contenitori
refrigerati in acciaio. Ma non solo: il
Nebbiolo, pur continuando ad essere
coltivato in territori ben delimitati,
sta uscendo dagli stretti confini della
tradizione piemontese e ha iniziato
a confrontarsi con le richieste del
mercatoglobale e con le esperienzedi
denominazioni relativamente ancora
poco conosciute.
TRA QUESTE LE PIEMONTESI
Docg Gattinara (provincia di Vercel-
li), Docg Ghemme (Novara) e Doc
Bramaterra (Doc e Vercelli), che nel
loro uvaggio contemplano tutte in
percentuale variabile l’utilizzo di
varietà Nebbiolo. Senza dimenticare
l’interessantissima Doc valdostana
Donnas, il cui omonimo vino viene
addirittura chiamato “il fratellomon-
tanodel Barolo”, ottenuto vinificando
un minimo di 85% di uve Picotendro
(nome locale della varietà Nebbiolo).
Questa ampia gamma di etichette,
tuttavia, presenta caratteristiche or-
ganolettiche estremamente variabi-
li e posizionamenti di prezzo mol-
to diversi: di conseguenza è molto
difficile utilizzare la denominazione
varietale per suggerire un minimo
comun denominatore agli occhi dei
consumatori. I vini a base Nebbio-
lo, dunque, riescono a soddisfare
molteplici aspettative da parte dei
consumatori, ma non potranno mai
presentarsi sul mercato con un’im-
magine unitaria e coerente. Una
caratteristica, quest’ultima, che si-
curamente rappresenta un ostacolo
all’esportazione delle denominazioni
meno importanti, ma che allo stesso
tempo nasconde tante opportunità
ancora tutte da sfruttare.
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DI NICOLÒ REGAZZONI
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