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OTT. NOV. 2017

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spazio che esso colmava, senza nep-

pure confrontarsi con le parti, né con

i sindacati, né con gli imprenditori.

Per quel chemi riguarda ho più volte

sostenuto cheprobabilmente sarebbe

statomeglio affrontare il referendum,

ancheperchénonera escluso che una

parte dei lavoratori fosse favorevole

ai voucher. Noi, come FIPE ci era-

vamo anche detti disposti a rivedere

alcuni aspetti di questo strumento,

migliorandolo».

RIMPIANTO PER IL VECCHIO

SISTEMA

Per le attività di ristorazione il vou-

cher era uno strumento molto utile

perché grazie alla sua flessibilità con-

sentiva di rispondere inmaniera agile

ai picchi di lavoro anche inattesi e

imprevedibili. «I vantaggi - sottoli-

nea – erano la velocità e semplicità

di attivazione. Il voucher permette-

va di ingaggiare qualunque tipo di

figura, dal cameriere al lavapiatti e,

perché no, persino un idraulico in

pensione per qualche semplice lavo-

retto di manutenzione. Infatti erano

l’unica forma di reddito aggiuntivo

non incompatibile con la pensione o

l’indennità di disoccupazione. Inque-

stomodo anche il disoccupato aveva

l’opportunità di svolgere qualche ora

di lavoro (magari anche solo fare il

lavapiatti durante il fine settimana)

arrotondando legalmente l’indennità

percepita. Qualsiasi altra forma di

subordinazione, anche il semplice

contratto a chiamata, interrompe la

disoccupazione».

Il grande vantaggio dei voucher era

quello di aver fatto emergere molto

lavoro nero. «Nel nostro settore –

prosegue - la quota di lavoratori “a

voucher” era di gran lunga inferiore

a quella con delle forme contrattuali

più stabili, perché per i ristoratori

è importante fidelizzare i propri di-

pendenti. L’ampio uso che se ne è

fatto non dipende dalla sostituzione

di altre forme di contratti, ma pro-

babilmente dalla regolarizzazione ed

emersione di sacche di lavoro nero».

I costi erano irrisori: 10 euro tra cui

7,50 al lavoratore e 2,50 di contributi

vari, cifre che gli stessi operatori della

ristorazione erano pronti a ridiscute-

re, se ne avessero avuto la possibilità.

«Il nuovo strumento – lamentaMusac-

ci - è stato creato senza consultare le

parti, il suo utilizzo prevede grosse

limitazioni e infatti, almeno nel no-

stro settore, è un flop totale per ora:

confrontandomi con gli associati a

FIPE non ne ho ancora sentito uno

che abbia attivato un CPO! E non si

tratta solo dell’aumento della paga

oraria». Oggi, infatti, la paga è di

9 euro a lavoratore, con 4 euro di

contributi per un totale di 13 euro.

Ma le questioni che rendono i CPO

quasi inutilizzabili, almeno nella ri-

storazione, sono altri. «Il primo sco-

glio – sottolinea - è che il CPO va

attivato per un minimo di 4 ore di

lavoro,mentre con il vecchio voucher

non c’erano limiti orari. Ciò significa

che anche se avessi bisogno di una

sola ora di lavoro dovrei pagarne 4.

Inoltre possono usarlo solo le im-

prese sotto i 5 dipendenti a tempo

indeterminato e questo taglia fuori la

stragrandemaggioranza dei pubblici

Un altro fattore che frena le imprese dall’utilizzo dei voucher sono le

sanzioni collegate all’utilizzo improprio dello strumento. «Nel caso

in cui l’imprenditore sbagli ad attivare il voucher - afferma Erminio

Alajmo, Presidente dell’Associazione Provinciale Pubblici Esercizi

(APPE) di Padova - vengono applicate pesantissime sanzioni e il

contratto di lavoro si trasforma automaticamente a tempo pieno

ed indeterminato. Insomma, un bell’incentivo a non utilizzare i

voucher!».

Chi sbaglia, paga!