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MARZO/APRILE 2015

g

irare per il mondo alloggiando nelle case

private presenti su AirbnB. Scegliere di

muoversi con servizi alternativi ai taxi,

come Uber.

Affittare il posto sul divano di uno scono-

sciuto, con CouchSurfing. Ma anche assag-

giare specialità locali cucinate a casa di un appassio-

nato gourmet con Voulez vous diner. Tutte abitudini

e scelte di consumo che fanno ormai parte del nostro

quotidiano e rappresentano l’espressione più concre-

ta di

sharing economy

, nuovo modello di business

basato sulla condivisione di beni e servizi in chiave

orizzontale e non più, o per lo meno non soltanto,

come emanazione diretta di un rapporto verticale tra

azienda e consumatore.

L’economista

Jeremy Rifkin

ha definito questa nuova

forma di organizzazione socio economica “la conferma

dell’ascesa dell’anti capitalismo”: un modello basato

sull’eliminazione dei soggetti intermediari, che attiva

risparmi economici e favorisce la creazione di una

rete di legami sociali.

In gioco ci sono le community e i 13 miliardi di attori

presenti su Internet, che entrano in connessione con-

divisa al servizio di tutti. In modalità rigorosamente

do-it-yourself, il collegamento tra persone, oggetti e

dati consente di avere subito quello che si desidera

e solo per il tempo necessario. InStore Magazine ha

deciso di indagarne potenzialità e applicazioni concrete

al mondo del retail.

I numeri

Avere un quadro chiaro di quante iniziative di sharing

economy sono attive in Italia è complesso, perché molte

si sviluppano a livello locale, di quartiere e quindi sono

poco note alle cronache. Si stima che siano oltre 500,

di diverse dimensioni e struttura.

Più definite, le percentuali di utilizzo, reali e ipotetiche.

Secondo il sito

Collaboriamo.org

, di fatto l’unico data-

base esistente sull’economia collaborativa nostrana, il

13% degli italiani ha già utilizzato almeno un servizio di

sharing, un altro 10% è interessato a farlo e un ulteriore

59% ha detto di conoscere il fenomeno.

Le potenzialità di business sono altissime: secondo uno

studio di

Pricewaterhouse Coopers

i nuovi servizi di

noleggio condiviso - e nel noleggio si includono anche

le competenze, per esempio quelle necessarie a costru-

ire mobili o pitturare casa - varranno

335 miliardi di

dollari da qui al 2025.

E qui sorge spesso un’obiezione: “L’economia condivisa

non dovrebbe prevedere assenza di profitto? Non do-

vrebbe basarsi su una sorta di baratto dal quale nessuno

Il futuro

del retail?

Sarà condiviso

SCENARI

DAL POSSESSO, ALL’ACCESSO: IL MODELLO DI

BUSINESS EMERGENTE PREVEDE LA CONDIVISIONE

DI SPAZI, RISORSE, ENERGIE. E DÀ RISULTATI CONCRETI

ANCHE APPLICATO AL RETAIL. IL CASO LEROY MERLIN.

di Valeria Volponi

335 mld

IL VALORE DEL NOLEGGIO

CONDIVISO NEL 2025