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LUGLIO/AGOSTO 2015
Sopra la media, poi, tedeschi e inglesi:
di loro il 90% dichiara infatti di mangia-
re etnico spesso o qualche volta, i più
diffidenti sono i brasiliani e gli italiani.
Ma cosa ci riserva
il futuro?
In proposito il mondo professa il suo
ottimismo: per il 15% del campione la
situazione potrebbe decisamentemiglio-
rare e il 32%, seppur più cauto conferma
il dato sul miglioramento. Solo il 7%
si dichiara inguaribilmente pessimista.
Qui però non tutti la vedono allo stesso
modo: a riporremaggiori aspettative nel
futuro sono i Paesi che godono di una
condizione attualepiù favorevole e quelli
con le economie in ascesa: la Cina (84%
di giudizi positivi sul futuro) e l’India
74%, decisamente più cauti gli abitanti
del vecchioContinente. E su tutti a vedere
il bicchiere mezzo vuoto più degli altri
sono proprio gli italiani: la quota dei pes-
simisti assoluti si attesta sul 12%, seguita
dal 9% di tedeschi e inglesi. Tutti però
(ed è veramente sorprendente come tale
consapevolezza accomuni i cittadini di
tutto il mondo) si mostrano consapevoli
del cambiamento che ci aspetta quando
si parla di cibo: solo il 2% afferma che
non ci saranno cambiamenti in futuro,
per il 46% invece sarà molto diverso,
per il 18% radicalmente diverso e per la
rimanente parte (un buon 34%) comun-
que cambierà anche se solo in parte.
Ma che cos’è che renderà diverso il cibo
del futuro e quali sono i cambiamenti
attesi? Metà del campione chiama in cau-
sa le nuove tecnologie il 42% indica nei
mutamenti climatici la causa primaria del
cambiamento e il 34% affina il tiro in-
dividuando come causa l’inquinamento
e la disponibilità delle risorse naturali.
Il 30% infine non dimentica l’aumento
della popolazione e, di conseguenza, la
minore disponibilità di cibo.
Impatto di questi fattori
Ad essere interessata da questi fattori
saranno essenzialmente la naturalità
del cibo (64%) la sua qualità e sicurez-
za (62%), la stessa tipologia di alimenti
(60%).
Proprio l’attesa di tali forti cambiamenti
induce specifici timori sulla manipola-
zione degli alimenti che mangeremo
(60%) e sugli effetti indotti dall’inqui-
namento ambientale (53%).
In alcuni Paesi prevalgono al contrario i
timori di un innalzamento del costo del
cibo (Usa 57%, Brasile 61%), di un cibo
meno democratico e solo per pochi, e del
rischio di una futura scarsità alimentare
(Brasile 63%).
Il 72% del campione mostra infine pie-
na consapevolezza sulla diffusione del
cibo ogm.
Il cambiamento piace
I consumatori intervistati nonprevedono
una riduzione delle quantità consumate
(solo inUk e Germania si pronostica una
riduzione nella frequenza di consumo di
carne) mentre la dieta sembra spostarsi
su una maggiore varietà con più ricorso
a carboidrati, frutta e verdura.
Il cibo di domani sarà quindi manipola-
to dalla tecnologia, certamente pratico
e veloce, nutrizionalmente bilanciato e
si rafforzeranno stili alimentari globali.
In questo i consumatori dimostrano una
inaspettata disponibilità al cambiamen-
to: l’80% degli intervistati non ha pre-
clusione per cibarsi di alghe e il 75%
accetta il cibo prodotto in laboratorio.
Più della metà del campione inoltre si
dichiara disponibile amangiare la carne
sintetica e gli insetti: i più eclettici e in-
clini al cambiamento sono gli indiani, i
cinesi e i brasiliani, ma anche un 70% di
italiani potrebbe provare il cibo inpillole
e il 44% dei nostri connazionali non si
tirerebbe indietro di fronte a un insetto.
Ma questa accettazione dell’high tech
e delle novità implica una rinuncia alla
naturalità? Assolutamente no.
Il 42% del campione, infatti, confessa
la sua predilezione per i temi della fre-
schezza e della naturalità e si aspetta
di trovare tra le corsie piccole serre e
allevamenti, il 37% vorrebbe conoscere
la storia del prodotto, il 30% lo vorrebbe
a sua immagine e somiglianza. E per il
16% la presenza di un robot come assi-
stente per la spesa non guasterebbe.
S
46%
DEGLI INTERVISTATI È SICURO
DEL FATTO CHE IL FUTURO SARÁ
MOLTO DIVERSO