APR. MAG. 2017
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Scegliere i fornitori
in sicurezza
Oltre alla qualità organolettica, un ristoratore deve
preoccuparsi anche e soprattutto di quella igienico-
sanitaria. «Tra i prerequisiti del Sistema HACCP
– spiega Mauro Fava, Dipartimento Veterinario e
Sicurezza degli Alimenti di Origine Animale, ATS
della Brianza - c’è anche la selezione dei fornitori.
La carne ha tanti pregi ma vanno tenuti sotto
controllo i suoi potenziali pericoli, di natura biologica, chimica e fisica».
Per esempio il pericolo biologico relativo alla presenza dei prioni, agenti
responsabili della sindrome della “mucca pazza”. «Per Legge - prosegue
- i capi devono essere identificati e identificabili dall’allevamento alla
vendita al consumatore finale, attraverso la presenza dei certificati
di iscrizione in anagrafe e l’apposizione di marche auricolari che
accompagnano gli animali stessi fino alla macellazione. Il macello deve
mantenere questa identificazione per singolo animale o per partita.
Questa indicazione serve per stabilire se il capo è a rischio BSE o no,
perché proveniente da un Paese a rischio indeterminato, controllato o
trascurabile». Per garantire il consumatore bisogna acquistare da imprese
riconosciute dalle Autorità competenti e identificate da uno specifico
codice, chiamato “Approval number” (Bollo CE). «Gli impianti senza
questo marchio di identificazione - conclude - non possono lavorare. Molti
operatori del settore alimentare godono anche di certificazioni volontarie
(ISO 9001-2008, BRC o IFS) che possono offrire ulteriori garanzie. Ai
ristoratori suggerisco di andare a vedere di persona i fornitori da cui
acquistano la carne e di richiedere loro i risultati delle analisi chimiche e
microbiologiche obbligatorie, eseguite in Autocontrollo e/o condotte dalle
Autorità secondo specifici piani di campionamento. Se un fornitore non li
mette a disposizione, potrebbe essere una spia di qualche irregolarità».
più parti possibile del bovino».
I macellai sono disponibili a coopera-
re. «Collaboriamo con l’Istituto Carlo
Porta di Milano – racconta Giorgio
Pellegrini, presidente Macellai di Mi-
lano e provincia e consigliere Feder-
carni - per insegnare ai futuri chef a
conoscere la carne. Vorrei fare di più
con gli chef, che secondo me dovreb-
bero reimparare a scegliere la carne,
maneggiarla, sfilettarla, disossarla. Per
esempio, tradizionalmente si usa il
cappello di prete per il brodo. Se,
alla maniera americana, si imparasse
a sfilettarlo si otterrebbe una carne
molto tenera che può essere cucinata
come il filetto, a un costo molto infe-
riore. Le basse temperature, inoltre,
permettonodi valorizzarediversi tagli:
non ne esistono di serie A o di serie
B, tutti sono buoni se cucinati nel
modo appropriato».
Giuseppe Franco
Mauro Fava
soddisfare la richiesta di pochi tagli
pregiati senza rivolgersi al mercato
estero. La cucina italiana è però in
grado di soddisfare questa esigenza:
i nostri Chef sono creatori di piatti
spettacolari. A loro il compito di in-
ventare unmodonuovoper utilizzare
coltello, carpaccio...) o la tagliata. Ci
sonopoi i bolliti, doveèmolto indicato
il bue piemontese: essendo castrato,
la variazione degli ormoni influenza
il contenuto di grasso, ottimale per
queste preparazioni».
Dal Piemonte al Centro Italia, per co-
noscere meglio un’altra razza molto
magra, la Chianina. «Il contenuto in
grasso – spiega Gaia Martuscelli, re-
sponsabile ufficio tecnico del CCBI
(Consorzio produttori carne bovina
pregiata delle razze italiane) - è intor-
no al 2%, il colore del grasso tende al
bianco perhé gli acidi grassi insaturi
sono superiori a quelli saturi e non ci
sono infiltrazioni di grasso nella mu-
scolatura. Il colore è rosso brillante,
tendentealloscuroperchè laChianina
si macella tra 21 e 23 mesi di età».
La Chianina si riconosce anche per la
pezzatura. «La razza - sottolinea - è
caratterizzata da gigantismo somati-
co: è la più alta e lunga. Il taglio più
classico e noto è la fiorentina. La vera
Chianinaècertificata, inetichettadeve
indicare la dicitura Razza Chianina,
che ottiene solo se tutta la filiera è
certificata e controllata dal CCBI».
Non solo filetto!
La sfida è valorizzare tutti i tagli. «È
necessario – spiega Maurizio Arosio,
presidente di Federcarni - sostenere
un allevamento di vicinanza che offra
garanzie di qualità, sostenibilità am-
bientale e salubrità. Serve conosce-
re meglio il prodotto e utilizzare, in
una logica di economicità di mercato,
quanti più tagli possibili. Laproduzio-
ne nazionale non ha la possibilità di
Giorgio Pellegrini




