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DIC. GEN. 2016

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Q

uando l’essenza del

vino come prodotto a

forte carica simbolica

incrocia la tradizione

cristiana: il Vin Santo o Vino Santo o

tutte le altre denominazioni assunte

a livello locale per il vino ottenuto

dalla spremitura di grappoli d’uva

fatti appassire precedentemente,

poi vinificando il mosto con una

lunga permanenza sul legno, ha da

sempre mantenuto questa duplice

veste di gemma per palati raffinati

e di compagno per le celebrazio-

ni religiose. Produzioni di piccole

dimensioni, sparse in diversi ter-

ritori del Belpaese, spesso iniziate

proprio da ordini religiosi capaci

di interpretare le tante differenze

che contraddistinguono la tradizio-

ne vinicola regionale italiana, acco-

munate dall’alone di “mistero” e di

spiritualità che ha pervaso la storia

del nostro paese, passando anche

per l’espressione di una devozione

a Dio grazie al lavoro della terra e

alla produzione del cibo.

Basti pensare che, secondo una tra-

dizione senese, durante l’epidemia

di peste che colpì la città toscana

nel 1348, un frate francescano cu-

rava i malati con il vino usato per

celebraremessa. Da qui l’appellativo

di Santo. Le uve lasciate appassi-

re su graticci o altre strutture in

legno sono attaccate da muffe no-

bili che conferiscono un bouquet

estremamente complesso al vino

e la concentrazione degli zuccheri

fornisce un mosto che necessita di

anni di fermentazione in botte per

completare il suo processo di vini-

ficazione, seguiti da un processo di

affinamento, anch’esso in botte, che

prevede travasi.

In Trentino, dove il vino passito

prende la denominazione estesa di

Vino Santo Doc, si usano uve No-

siola, raccolte in ottobre e lasciate

appassire su telai in legno (ariele)

fino al giovedì santo (settimana di

Pasqua), poi pigiate (da 100 kg di uva

si ottengono 15-18 litri di mosto) e

infine fermentate in botti di rovere.

Sui colli piacentini, a Vigoleno, i

primi documenti di produzione del

VinSanto risalgono al 1500: oggi una

piccola associazione, l’Associazio-

ne del Vin Santo di Vigoleno DOC,

vuole mantenere viva la tradizione

di questo vino santo realizzato da

uve Santa Maria e Melara.

In Toscana, meno comune la pratica

della vendemmia ritardata, le uve

(possono essere Malvasia/Trebbia-

no o Sangiovese) appassiscono su

stuoieograticci in appositi essiccatoi

da 20 gg a 3 mesi, poi la fermen-

tazione avviene in locali appositi

(generalmente sotto al tetto) nei

caratelli, botti di ciliegio o rovere,

per un minimo di tre anni.

Vin Santo o Vino Santo? Affonda le radici nella

tradizione cristiana, ma oggi, nelle sue diverse

declinazioni, rappresenta una delle massime

espressioni della vinificazione

IN TAVOLA

Tra devozione

I VEJ½REXI^^E

DI PIETRO CINTI