caffè
07 Ottobre 2014
Alcuni parlano di un movimento con velleità di rottura col passato. Analizziamone le caratteristiche e le aspirazioni
Recentemente si sente parlare di Rinascimento dell’espresso italiano. L’etichetta al momento sembra essere utilizzata un po’ da troppi e questo la rende di definizione incerta. Sembra avere delle velleità di rottura con il passato. Sembra inoltre volersi porre come movimento di denuncia, ma pare sfociare quasi nel fanatismo religioso: alcuni dei suoi profeti assumono infatti contorni messianici proponendosi come l’unica via di salvezza per il nostro espresso in Italia e nel mondo. Cercherò di illustrare qui quali sono i capisaldi che regolano il business del Rinascimento dell’espresso italiano, sebbene sinora questo movimento non abbia espresso alcun manifesto né documento ufficiale.
Innanzitutto il Rinascimento si pone come istanza rinnovatrice dell’industria italiana del caffè, considerata decadente e arretrata. In modo quasi bolscevico l’esperienza di quest’ultima è quindi gettata alle ortiche. Ma attenzione che non si tratta di una semplice contrapposizione di pratiche commerciali: la si vuole intendere come una rivoluzione copernicana che ristruttura il concetto di filiera.
Eccoci quindi al secondo punto. A livello di figure professionali vengono in qualche modo a sfumare i contorni tra i ruoli che abbiano sinora conosciuto. Prima avevamo un certo grado di separazione tra crudista, torrefattore, sensorialista e barista: nel Rinascimento dell’espresso italiano i confini si fanno molto più sfumati culminando in rari esempi di virtù che vedono una sola figura coprire praticamente l’intera filiera. Quindi l’approccio del movimento è fondamentalmente di integrazione: il barista diventa crudista e selezionatore, torrefattore e sensorialista. Un’integrazione che sinora non sembra sempre ben riuscita, almeno leggendo il grado di approssimatività con il quale alcuni esponenti del movimento si muovono su alcuni temi.
Lotti selezionatissimi
Un altro punto che sembra caratterizzare il movimento è una fedele osservanza del modello dello specialty coffee, con la tendenza addirittura ad andare oltre. Da qui una spasmodica ricerca di lotti di caffè selezionatissimi e soprattutto di modesta entità. Il concetto di miscela per espresso e della sua costanza nel tempo passa quindi quasi in secondo piano. Da qui un altro punto di rottura con la tradizione dell’espresso italiano, rottura che avviene anche a livello di tostatura, dove il modello di riferimento è in prevalenza quello nord-europeo.
Non è ovviamente dato sapere se il Rinascimento dell’espresso italiano sia destinato a rimanere un’avanguardia oppure a evolvere fino a dettare i canoni del mercato del caffè nel nostro paese. Forse sarebbe più utile lavorare su un’idea di miglioramento di questi canoni piuttosto che alimentare un’ideologia di rottura che in Italia sta sempre più somigliando a un’oligarchia.
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