OTT. NOV. 2013
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D
al dopoguerra ad oggi
i consumatori italiani
hanno nutrito un atteg-
giamento non sempre
benevolo nei confronti dei vini pas-
siti. Probabilmente perché l’accento
veniva spesso posto sul solo gusto
dolce, che sembrava contraddistin-
guere questi vini tutti allo stesso
modo, e che così facendo finiva per
uniformare le caratteristiche orga-
nolettiche e il valore delle singole
etichette.
Per fortuna, con il passare degli
anni, il mercato ha cominciato a ren-
dersi conto che la realtà dei passiti
italiani è molto più complessa e va-
riegata di quanto non possa sembra-
re a prima vista, e il merito di questo
cambiamento va sicuramente dato
alle cantine. Queste ultime, infatti,
hanno progredito molto in campo
enologico, migliorando le condizioni
igieniche nella fase di vinificazione,
iniziando a stabilizzare mosti e vini
a basse temperature, piuttosto che
ricorrendo a filtrazioni sterili.
ANCHE IN VITICOLTURA
sono
stati fatti progressi importanti, co-
minciando per esempio a scegliere
conmaggiore attenzione gli ambien-
ti pedoclimatici più adatti alla pro-
duzione di uve per l’appassimento.
Tutto ciò ha dato vita a prodotti per-
cepiti non solo come più piacevoli ri-
spetto al passato, ma piuttosto dotati
di una maggiore personalità, risul-
tato di azzeccate scelte enologiche
ed agronomiche come il recupero di
antiche varietà autoctone e tecniche
produttive. Insomma, i vini passiti
sono diventati sempre più dei veri e
propri vini di territorio, e così facen-
do hanno progressivamente perso
quella patina di uniformità che in
passato rischiava di penalizzarli. Il
problema è che la rinnovata curio-
sità da parte dei consumatori, oggi
maggiormente consapevoli della
variabilità e della differenziazione
organolettica dei passiti italiani,
non è stata ancora sufficientemen-
te sfruttata, e una delle leve sulle
quali la ristorazione può puntare per
approfittare di tale opportunità è
soprattutto la comunicazione.
La frammentazione dell’immagine
che ancora caratterizza questa ti-
pologia di vino, per esempio, può
incentivare la proposta di innovativi
abbinamenti enogastronomici, che
spaziano dall’aperitivo fino ai più
consueti dessert. Una partita ancora
tutta da giocare, insomma.
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DI NICOLÒ REGAZZONI
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