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ronto e attento ad ogni evoluzione e tendenza, l’Amnesia di Milano
sa da sempre interpretare al meglio le esigenze e i desideri del pro-
prio pubblico, felice che non si debba andare per forza ad Ibiza, a
Londra, a Berlino e ai Festival per divertirsi con il proprio deejay del
cuore. La sua forza è frutto di diversi fattori: si pensi in particolare
alle sue partnership esclusive con brand quali Cadenza, Cocoon e Desolat, one
night e etichette discografiche di livello assoluto, così ai vari guest ospitati
in questi anni, attraversando ogni genere musicale, dalla house alla electro,
dalla trance alla techno. Sempre con i massimi esponenti di categoria, da Sven
Vath (tornato all’Amnesia lo scorso Halloween – ndr) a Carl Cox, da Guetta a
Skrillex, da Armin Van Buuren a Paul Van Dyk. Nelle scorse settimane l’Amne-
sia Milano ha festeggiato il suo undicesimo compleanno. Di questo – e di tanto
altro ancora – abbiamo chiacchierato insieme al suo fondatore, nonchè attuale
titolare e direttore artistico, Riccardo Lai.
Quasi dodici di Nightlife, quasi dodici anni di Amnesia. Che cosa è cambiato
in questi anni e che cosa è rimasto uguale?
“È cambiato tutto”.
Che cosa manca all’Italia per essere alla pari con il del resto del mondo,
sempre in riferimentoal clubbing? Eppure tutti i deejays stranieri diconodi
divertirsi in Italia come in poche altre location al mondo, i clubbers italiani
non mancano mai un festival in ogni dove...
“Manca la mentalità giusta, sia da parte dei gestori sia da parte della clien-
tela; soprattutto, manca il supporto delle Istituzioni. Storicamente, in Italia
la nightlife viene inquadrata negativamente, e questo blocca ogni possibilità
di serio sviluppo. Nel nostro Paese il concetto stesso di clubbing non esiste, si
verifica sempre una rincorsa a emulare, per non dire copiare gli altri. E le co-
pie, soprattutto se brutte, non possono mai essere all’altezza dell’originale,
in quanto prive del know how necessario. Lo stesso pubblico non fa ricerca
musicale, e di conseguenza i gestori fanno molta fatica a proporre qualcosa
di nuovo o di alternativo. Non credo, sinceramente, che spetti agli addetti ai
lavori educare il pubblico, soprattutto quando quest’ultimo non vuole saperne
di essere educato. Di sicuro quelli che si divertono sono i djs: partecipano a
belle serate, soprattutto ben pagate.
La scelta di puntare ogni sabato su un top dj non è contro-corrente rispetto
a quanto accade nel resto d’Italia? Pro e contro di questa filosofia.
Controcorrente come tante altre nostre scelte. Questa stagione vogliamo pro-
porre un prodotto all’altezza dei migliori club mondiali, con selezione all’in-
gresso, sia in termini di età che di comportamenti, rinunciando ogni sabato a
centinaia di persone. In un periodo di crisi come quello attuale, tutti gli altri
locali hanno deciso di fare proprio il contrario: il target così si abbassa sempre
più e il concetto stesso di clubbing sparisce. In assoluto, si deve elevare l’of-
ferta senza aumentare i costi per l’utenza.
I risultati ci stanno dando ragione.
DISCO
N
L