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SETTEMBRE/OTTOBRE 2014

d

opo il riassetto a livello di centrali degli ultimi

mesi, di cui parliamo in questo numero di

inStore, un altro risiko è atteso: quello delle

acquisizioni di insegne. Finora, l’episodio più

importante è stata l’uscita di Billa-Rewe dall’Italia di cui hanno

beneficiato essenzialmente Conad e Carefour. Ma sono molte

altre le situazioni di difficoltà che, prima o poi, arriveranno

a soluzione.

Quella dell’acquisizione è ormai, allo stato dei fatti, l’unica

strada perseguibile per dare un’accelerata alla concentrazione

e al recupero di efficienza della distribuzione italiana.

Lo conferma lo studio sui bilanci 2013 di 53 imprese della Gdo

effettuato da Dgm Consulting, scaricabile dal sito inStoremag.

it. Che giunge ad altre conclusioni, visto l’andamento in discesa

dei consumi: in particolare lo studio individua un calo della

redditività a causa della diminuzione congiunta dell’efficienza

operativa e dell’efficienza strutturale e un flusso di cassa ope-

rativo negativo a ausa della riduzione dei debiti commerciali

(articolo 62) e del trend degli investimenti che non si arresta

per l’apertura o la ristrutturazione dei punti vendita.

Quest’ultima è però una scelta obbligata, perché oggi non c’è

più spazio per far nascere nuovi punti vendita.

Non sono pochi i casi di ipermercati che chiudono, di centri

commerciali che spengono le luci, di piccole e medie super-

fici che abbassano le saracinesche (fenomeno che nessuno

dieci anni fa avrebbe immaginato). Con conseguenze anche

sociali. Il caso più clamoroso è quello di Coop Carnica, che, a

seguito del crac di Coop Operaie di Trieste, si è vista chiedere

il rimborso del prestito sociale per 4,5 milioni di euro, cosa

che ha assestato un colpo definitivo ai suoi conti l’ha portata

al concordato preventivo.

Ora CoopNordest e Conad sarebbero impegnate nel salvare ciò

che si può, ma soprattutto il posto di lavoro dei 650 dipendenti.

Del resto i punti vendita che si aprono ex novo sono il ri-

sultato di decisioni prese in tempi non sospetti, quando la

domanda ‘tirava’ e le strategie erano di altro tipo. Dieci anni

dopo, quando grazie ai tempi lunghi dei processi decisionali

delle pubbliche amministrazioni, si apre il punto vendita,

sono più le minacce che le opportunità. E i tempi di ritorno

dell’investimento si allungano.

La rete è indubitabilmente vecchia e il ciclo di vita dei punti

vendita si è abbreviato.

Il risultato è che i negozi rinnovati, non solo brillano per

soluzioni e per ambienti confortevoli, ma immediatamente

risultano graditi ai clienti. E gli incrementi di vendite anche

a due cifre si registrano subito. Anche su questo versante

abbiamo assistito in questi ultimi mesi a esempi illustri.

Ma denotano una certa mancanza di visione differenziante e

soprattutto sono spesso una replica di modelli di riferimento

di successo. Con il risultato che tutti offrono lo stesso impat-

to e rimane ancora la leva, importantissima, del prezzo per

attrarre i clienti.

Si dice che, in epoca di omnicanalità, il massmarket stia tra-

ghettando verso un mercato più targettizzato.

Ma i retailer italiani stanno andando in questa direzione?

Fabrizio Gomarasca

Concentrazioni in corso

EDITORIALE