AGO. SET. 2016
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IN TAVOLA
V
ersatile, di carattere, capa-
ce di esprimere uno spettro
gustativo più ampio. Visto
fuori dai canoni imposti
dalla moda, lo spumante brut rosé si
scrolladi dosso l’abito strettodi vinoda
aperitivo fashion, dedicato a chi vuol
distinguersi, anche cromaticamente,
dalla massa dei bevitori di bianco.
Posizione, quest’ultima, che appiatti-
sce questo vino in una nicchia che ne
limita il raggio d’azione, lo costringe a
mortificare la sua natura, conferitagli
dalle uve nere che ne sono ingrediente
principale. Il brut rosé, quindi, non è
vino da casa delle bambole, sa farsi
trovare pronto in più di un abbina-
mento e, spesso, sa reggere pairing
che spazzerebbero via ogni bianco.
ABBINAMENTI PIÙ AMPI.
Certo,
sul mercato esistono diversi tipi di ro-
sè, non tutti con un profilo qualitativo
degno di nota. Ma se prendiamo in
esame quelli realizzati con il metodo
classico, con la rifermentazione in
bottiglia, troviamo etichette che non
si scompongono accompagnando a
tutto pasto, che possono reggere l’im-
patto con carni rosse, arrosti e for-
maggi stagionati, che sanno esaltare
la cucina di mare e quella di terra,
con un’eleganza e un’allure che non
è frutto solo dell’accattivante colora-
zione, ma che è espressione di lunghe
permanenze sui lieviti, di passaggi
in legno, di un bouquet profondo e
ampio, capace di evocare suggestioni
raccolte in un ventaglio più ampio.
Non più un vino di nicchia.
Il brut rosé si scrolla di dosso
l’abito di vino da aperitivo
e si fa trovare pronto in più
di un abbinamento
A tutto pasto
DI PIETRO CINTI




