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AGO. SET. 2016

46

IN TAVOLA

V

ersatile, di carattere, capa-

ce di esprimere uno spettro

gustativo più ampio. Visto

fuori dai canoni imposti

dalla moda, lo spumante brut rosé si

scrolladi dosso l’abito strettodi vinoda

aperitivo fashion, dedicato a chi vuol

distinguersi, anche cromaticamente,

dalla massa dei bevitori di bianco.

Posizione, quest’ultima, che appiatti-

sce questo vino in una nicchia che ne

limita il raggio d’azione, lo costringe a

mortificare la sua natura, conferitagli

dalle uve nere che ne sono ingrediente

principale. Il brut rosé, quindi, non è

vino da casa delle bambole, sa farsi

trovare pronto in più di un abbina-

mento e, spesso, sa reggere pairing

che spazzerebbero via ogni bianco.

ABBINAMENTI PIÙ AMPI.

Certo,

sul mercato esistono diversi tipi di ro-

sè, non tutti con un profilo qualitativo

degno di nota. Ma se prendiamo in

esame quelli realizzati con il metodo

classico, con la rifermentazione in

bottiglia, troviamo etichette che non

si scompongono accompagnando a

tutto pasto, che possono reggere l’im-

patto con carni rosse, arrosti e for-

maggi stagionati, che sanno esaltare

la cucina di mare e quella di terra,

con un’eleganza e un’allure che non

è frutto solo dell’accattivante colora-

zione, ma che è espressione di lunghe

permanenze sui lieviti, di passaggi

in legno, di un bouquet profondo e

ampio, capace di evocare suggestioni

raccolte in un ventaglio più ampio.

Non più un vino di nicchia.

Il brut rosé si scrolla di dosso

l’abito di vino da aperitivo

e si fa trovare pronto in più

di un abbinamento

A tutto pasto

DI PIETRO CINTI