05 Marzo 2024

Catene di ristorazione, in Italia valgono 'solo' il 10% del mercato. Ma attenzione alla marginalità


Catene di ristorazione, in Italia valgono 'solo' il 10% del mercato. Ma attenzione alla marginalità


C'è ancora molto spazio di crescita per le catene di ristorazione in Italia. A dirlo sono gli ultimi dati del "Food service market monitor" di Deloitte elaborati per Food24 da Aigrim (l’Associazione delle imprese di grande ristorazione e servizi multilocalizzate aderente a Fipe-Confcommercio) secondo cui nel Belpaese le catene valgono 'solo' il 10% del mercato, mentre in Europa il 26% e nel mondo il 35%.

Più nel dettagli, le catene nel 2023 hanno infatti fatturato 8,2 miliardi, con una crescita annua che sfiora l’11%. Non molto lontano quindi dal tasso di inflazione, ma comunque superiore alla media del settore, cresciuto dell’8,6% medio.

CONSUMI IN CRESCITA NEL FUORI CASA

I dati del indicano anche come il tasso medio di crescita 2016-22 sia stato del 4,5% una percentuale elevata se si tiene conto degli anni della pandemia che, con buona probabilità, sono stati utilizzati dalle catene per riorganizzarsi, sfruttando al contempo anche delivery e take away.

"I consumi fuori casa sono previsti in crescita del 4-5% l’anno – commenta il presidente di Aigrim, Cristian Biasoni – e su questo trend si innestano due elementi che vanno a vantaggio delle catene. In primo luogo la minor difficoltà, che comunque rimane, ad affrontare i problemi legati al reperimento e alla gestione del personale. A favorire le catene sono soprattutto i possibili percorsi di crescita professionale. Il secondo vantaggio riguarda gusti e abitudini dei clienti, soprattutto dei giovani, che sono sempre più polarizzati sulla scelta di cosa mangiare, che sia hamburger o sushi".

RISTORAZIONE VELOCE IN TESTA

Secondo Deloitte, la fetta di mercato del quick service restaurant (i fast food e tutte le attività dove non viene effettuata l’ordinazione e il servizio al tavolo) è del 29% e si sta avvicinando alla media mondiale del 33% (il 50% è invece coperto dal full service, il 20% dai bar e l’1% dallo street food).

"Questo tipo di catene si sta diffondendo più del casual dining (dove invece si viene serviti al tavolo, ndr) – conferma Biasoni – perché c’è bisogno di meno personale e poco spazio. In sostanza gli investimenti costano meno e questo con l’aumento dei tassi di interesse fa la differenza".

I RISCHI DI FRENATA

Cosa può frenare a questo punto il trend positivo del settore? "In generale c’è ottimismo nonostante il cattivo momento congiunturale che sta colpendo lo scontrino medio più che la frequenza di acquisto. Nelle piccole catene i flussi di cassa possono illudere e lasciare spazio all’entusiasmo – mette in guardia Biasoni –. Bisogna fare attenzione alla marginalità, perché  non è facile superare il guado dei dieci-venti locali senza avere una valida struttura operativa centrale".

"La ristorazione si conferma un comparto sempre più importante per l’intera filiera del food. Le imprese di questo settore, per continuare a crescere, dovranno innovare il loro modello di business mettendo i consumatori e la sostenibilità al centro. Un ulteriore salto di qualità del Foodservice – commenta Tommaso Nastasi, partner e value creation service leader di Deloitte Italia – non può prescindere dalla coesione tra i diversi attori della filiera, tramite aggregazioni e partnership che valorizzino il territorio e le sue eccellenze imprenditoriali. Per adeguarsi alle mutate preferenze dei consumatori, gli operatori stanno adattando la loro value proposition sia in termini di innovazione di prodotti, per esempio introducendo più opzioni vegetariane e plant-based, che di customer experience, attraverso l’uso di strumenti digitali".

TAG: CRISTIAN BIASONI,DELOITTE,TOMMASO NASTASI

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