OTT. NOV. 2015
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«L
e conserve di po-
modoro in Italia
sono ottenute da
prodotto100% italiano. Getta-
reombresull’interaindustriadi
trasformazione del pomodo-
ro, per il mancato rispetto del-
le normative vigenti da parte
di alcune aziende, danneggia
l’immagine di un settore d’ec-
cellenza del Made in Italy». La
risposta del presidente di Ani-
cav, la principale associazione
di rappresentanza dell’indu-
stria conserviera alla polemica
innestata dalla trasmissione
televisiva Le Iene sui presunti
prodottiitalianicontenentipa-
sta di pomodoro cinese, non si
è fatta attendere.
Secondo il presidente di Ani-
cav, quella del pomodoro ci-
nese spacciato per made in
Italy è una “leggenda metro-
politana” alimentare più volte
smentita nel corso degli anni,
ma dura a morire. «Ipotizzare
che barattoli di pelati, polpa o
pomodorini possano essere
prodotti utilizzando concen-
trato, italiano o cinese, è come
pensare di poter trasformare il
vino in uva», spiega Ferraioli.
«Prodotti in scatola come po-
modori pelati, pomodorini e
polpa possono essere prodot-
ti solo da pomodoro fresco.
Quello destinato alla produ-
zione di pelati è al 100% italia-
no, viene raccolto fra luglio e
settembre e viene lavorato in
azienda entro poche ore dalla
raccolta».
Sull’origine delle materie pri-
me della passata di pomodo-
ro gli italiani possono ritener-
si sicuri. Il direttore di Anicav
Giovanni De Angelis ricorda
infatti che per la legge italia-
na vi è l’obbligo di produrla
soltanto da pomodoro fre-
sco, che deve essere lavora-
to entro 24/36 ore dalla rac-
colta. Per questo, De Angelis
aggiunge,«lavorare prodotto
fresco proveniente da altri
paesi, specie dalla lontanissi-
ma Cina, sarebbe impossibile
per la distanza, oltre che an-
tieconomico per l’impatto sui
costi. Tacere sull’origine degli
ingredienti è, inoltre, contro
la legge. Per la passata è obbli-
gatorio indicare l’origine della
materia prima utilizzata, preci-
sando la Regione o lo Stato in
cui è avvenuta la coltivazione
del pomodoro».
S
preco alimentare: dalle parole
bisogna passare ai fatti e ad una
legge ad hoc per bar e ristoranti.
Lo chiede la Fipe (Federazione Italiana
Pubblici Esercizi) riguardo alle proposte
di legge per la limitazione degli sprechi,
l’usoconsapevoledelle risorsee la soste-
nibilità ambientale, in discussione alla
Commisisone affari sociali della Camera
dei Deputati.
Secondo Fipe, tali proposte, pur richia-
mando il settore dei pubblici esercizi,
appaiono essenzialmente rivolte ai set-
tori della produzione e distribuzione di
alimenti e si riferiscono essenzialmente
a generi confezionati. «La peculiarità del
settore che la Fipe rappresenta - dichia-
ra il Direttore Generale Marcello Fiore
- è costituita dal fatto che, a differenza
di ciò che accade nelle famiglie in cui
è uso consumare cibi avanzati dai pa-
sti precedenti, al consumatore devono
essere costantemente presentati pro-
dotti fragranti e al meglio dell’appeal
visivo e delle condizioni organolettiche.
Tutto ciò comporta nella ristorazione
l’obbligo per gli imprenditori di scartare
enormi quantità di prodotto non con-
sumato. Ignorare gli esercizi pubblici e
privilegiare esclusivamente i prodotti
confezionati significa perdere 1/3 dei
consumi di alimenti (per un valore di 20
miliardi di acquisti) e ingenti quantità di
prodotti pronti soprattutto per il consu-
mo immediato e disponibili ad essere
correttamente riutilizzati».
Per non disperdere l’apporto di piccole
emedie imprese, Fipe richiede di regola-
mentare, nel rispetto delle normative di
igiene e sicurezza, la cessione di prodotti
di immediato utilizzo allo stato sfuso, in-
sieme a semplificazioni di natura fiscale.
Fipe: contro lo spreco di cibo, una legge che
tenga conto delle specificità di bar e ristoranti
QI NEWS
In tavola solo
pelati e passate
100% italiani




