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19 Luglio 2024
Trasformare l’anidride carbonica assorbita dalle piante in un prodotto vendibile sul mercato, al pari della frutta e della verdura, nell’ottica di un’agricoltura sempre più sostenibile e capace di generare un nuovo indotto economico per i produttori: è questa l'idea alla base di Control Carbon, progetto promosso da Conserve Italia e co-finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale 2014-20 (PSR), che si è concluso lo scorso 26 giugno dopo quasi due anni di ricerca e sperimentazioni.
Sviluppato in collaborazione con l’Università di Genova, l’Università degli Studi di Milano, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e Tetis Institute Srl, il progetto fornisce una strumentazione che consente alle aziende agricole che adottano le cosiddette pratiche di Carbon Farming di calcolare l’assorbimento di anidride carbonica da parte di alcune colture (mais dolce, pomodoro da industria, pere), generando “crediti” scambiabili sul mercato volontario dei crediti di carbonio, valorizzando gli sforzi del settore agricolo.
«L’iniziativa pilota che abbiamo portato avanti in questi mesi ha riguardato alcune coltivazioni tipiche del territorio emiliano-romagnolo, in particolare il mais dolce, coltura strategica per le sue capacità di assorbimento di Co2, ma anche il pomodoro da industria e gli alberi da frutto - spiega Pietro Crudele dell’Ufficio Ambiente e Certificazioni di Conserve Italia, nonché referente del progetto -. L’ottimizzazione degli input di natura antropica, unita all’adozione di buone pratiche nella gestione degli impianti, può permettere di neutralizzare il bilancio delle emissioni di gas serra, rendendo queste colture sostenibili dal punto di vista dell’impatto ambientale. In quest’ottica, il sequestro di carbonio nel suolo gioca un ruolo molto importante ed è da qui che prende le mosse Control Carbon, un progetto che vuole trasformare l’anidride carbonica in un prodotto vero e proprio, che genera reddito al pari di frutta e verdura».
Oltre ad arricchire il terreno di carbonio, le pratiche di Carbon Farming aiutano a migliorare la fertilità e la biodiversità del suolo. Tra queste, l’uso di colture di copertura (come ad esempio le cover crops), il passaggio da lavorazioni del terreno convenzionali a lavorazioni conservative, l’aumento delle rotazioni colturali, l’uso di compost o di letame solido e l’agro-silvicoltura, sono solo alcune delle pratiche che si utilizzano in campo agricolo. Il “sequestro di carbonio” nei suoli risulta infatti efficace solo quando viene abbinato a pratiche di agricoltura rigenerativa. E l’accumulo annuale di carbonio nel terreno può variare a seconda del luogo, del clima e di come i suoli vengono gestiti.
Partendo da queste premesse, il progetto Control Carbon è riuscito a creare una metodologia di monitoraggio e verifica dell’assorbimento di carbonio delle varie colture attraverso un tool che consente di generare crediti di carbonio, strumenti finanziari che rappresentano una tonnellata di Co2 non emessa o rimossa dall’atmosfera scambiabili nel mercato volontario del carbonio. Per ottenerli, però, le rimozioni nette calcolate tramite la metodologia sviluppata nel progetto devono seguire una procedura di certificazione secondo uno specifico protocollo.
Fondamentale è stato anche il lavoro svolto dall'Università degli Studi di Milano sotto la guida di Livia Paleari, ricercatrice del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’UNIMI, che ha utilizzato i dati raccolti con la tecnologia del CNR di Bologna, la torre di Eddy Covariance, per mettere a punto dei modelli di simulazione che permettono di analizzare gli ipotetici scenari.
Sperimentazioni che hanno avuto luogo nel corso dell’ultimo anno nel pereto della CAB Massari, azienda socia di cooperative aderenti a Conserve Italia, dove sono stati installati sensori, stazioni meteo e altri dispositivi necessari per l’analisi del carbonio sequestrato.
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