QUALITALY 142
che cresce la richiesta di hamburger di qualità, molto più che una semplice sviz zera e che la salsa abbinata può rendere il tuo panino internazionale? Che anche i celiaci o gli intolleranti al glutine oggi possono gu- stare un buon panino? “Sapere di non sapere” (a millenni di distanza ringra- ziamo Socrate per questo) apre a nuove conoscenze , al confronto, alla ricerca di nuove soluzioni , a nuovi oriz zonti. Abbandonata la paradossalità della forma, noi di CIC abbiamo fatto nostro il concetto. Chi è che da piccolo non ha mai sgraffignato una fetta di pane o di salame dal tagliere della nonna? Magari la dome- nica poco prima di pranzo. Ancora meglio poi se quel pane era stato da poco sfornato, quello che viene finito ancora prima di raffreddarsi. Croccante fuori e burroso dentro. Certo, in quelle occasioni nessuno si fermava a parlare di ecotono del grano o di carni realizzate con l’utilizzo di parti povere, e malgrado la bocca sia più vicina al cervello che allo stomaco, finiva che l’emozione prendesse puntualmente il sopravvento sulla tecnica. Ci si accontentava - purché chi teneva il coltello in mano non creasse le famigerate “scalette”, pena l’al- lontanamento dal tagliere – senza fare troppe storie. Per- ché “Pane e salame” in fondo non è solo un abbinamento ge- nuino, ma un rito di passaggio, un sim- bolo della merenda italiana. A raccon- tarmelo con pas- sione sono le mani di uno chef che ha dedicato la sua vita all’arte della cuci- na, ma che non ha mai dimenticato le radici della nostra complicata sempli- cità. “Perché genu- ino non è ingenuo”, ci ricorda appunto lo chef Lucio Pompili, mentre affonda la lama nel pane. Avrebbe potuto affidare questo compito a un mandante, ma ha deciso di schierarsi in prima linea. Del resto, è proprio dietro le cose semplici che si nascon- dono le insidie più grandi. Le fette nei cestini spariscono in un instante. “Questo è l’olio di zio Lucio,” - aggiunge - “e quindi appena franto.” A questo punto l’aspettativa supera la pretesa. E non per il profumo fragrante del salume, o per il colore dell’olio. Faccio per tornare bambino e provo a sgraffignare una fetta di salame da aggiungere al pane, ma vengo subito redarguito. “Alt!” Lo chef non sente ragioni. Questa volta ci vuole metodo. Penso che in fondo sono stato fortunato. I più “furbi”, o meglio i più rapidi, stringendo ancora il loro piat- to tra indice e pollice osservano mani capaci dosare con cura ogni ingrediente. Pane – olio – e salame, a modo suo. Dopo avermi servito, lo chef passa al prossimo. Malgrado non sia una vera e propria refurtiva sento che il bottino va consumato in solitaria. Gocce di olio mi bagnano i polpa- strelli mentre aggiusto due piccole rondelle di salame in cima alla fetta di pane. Non me ne dispiaccio, in fondo le esperienze migliori sono quelle che ci sporcano le mani. Controllo che il cordino intorno alla carne sia stato rimosso del tutto. Porto alla bocca e addento. La meraviglia è fami- liare e monta dentro con leggerezza. Altri due bocconi e mi ritrovo con il piatto vuoto. Faccio per riavvicinarmi alla postazione, ma la situazione è più complessa. Ora molti altri aspettano in fila. Potrebbero servirsi da soli, ma hanno visto con i loro occhi la differenza. Semplice alla vista, ma difficile da spiegare a parole. La riprova che la semplicità è solo la sintesi di grandi complicazioni. Genuino non è ingenuo - DI LORENZO RICCI Nella foto lo chef Lucio Pompili 8 MAGAZINE #CICMEUP
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy Mzg4NjYz