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TATUAGGI E CHEF

Per quanto riguarda il mondo della ristorazione,

la situazione è un poco diversa

. Su chef e camerieri

i tatuaggi non sono considerati un valore aggiunto come

avviene nei confronti dei bartender. Tuttavia, anche in

questo settore i tattoo sono più tollerati di un tempo.

«Quando ho iniziato a lavorare in cucina, ovvero una

quindicina di anni fa, i tatuaggi erano ancora visti

con diffidenza. Oggi invece restano banditi solo nei

ristoranti di alta cucina e in quelli premiati con due o tre

stelle, ma in generale sono più accettati. Certo, in sala

occorre decoro e moderazione. Soprattutto se parliamo

di ristoranti di alto livello. Così, per esempio, in un tre

stelle Michelin non potrebbe lavorare un cameriere con

il collo tatuato», osserva lo

chef Diego Rossi

, classe

1985, patron della trattoria Trippa a Milano.

Una quindicina

di anni fa,

i tatuaggi erano

ancora visti

con diffidenza

IGIENE E TATTOO

Nessuna norma,

solo buonsenso

Fra le numerose norme igienico-

sanitarie che regolano l’attività

dei pubblici esercizi, nessuna fa

riferimento ai tatuaggi. «Non esiste

una normativa sul tema, a livello

regionale o nazionale – conferma

Adriano Giancarlo Strada del

Dipartimento di Prevenzione Medico

Igiene e Sanità Pubblica dell’ATS della

Città Metropolitana di Milano – né

sono state recepite leggi europee».

L’unica implicazione «può essere

legata alla presenza di ferite o

infezioni cutanee causate da un

tatuaggio appena fatto, che in base

alla legge – e al buonsenso – vanno

adeguatamente coperte quando

si lavora a diretto contatto con il

pubblico e gli alimenti».

CHEF DIEGO ROSSI,

PATRON

DELLA TRATTORIA

TRIPPA A MILANO

Foto: Marco Varoli

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