pubblici esercizi

04 Febbraio 2020

Il ritorno del lievito madre

di Anna Muzio


Il ritorno del lievito madre

Come base, un mix di tradizione e modernità, artigianalità e scienza. Aggiungere un pizzico di marketing e una spruzzata di comunicazione social. E il pane perfetto, trasformato da commodity scontata a eccellenza gourmet, con tutta l’allure e il battage mediatico del caso, è servito, anzi sfornato. Il gran traghettatore di questa mutazione è stato il lievito madre. La più antica forma di lievitazione indotta, probabilmente scoperta per caso quando l’impasto di farina e acqua lasciato all’aria intercettò i microrganismi del lievito selvatico. Ne risultò un pane – fino ad allora un mix di grani pestati e acqua messi a cuocere su una pietra incandescente - con una consistenza più leggera e un gusto migliore. Il lattobacillo che produce acido lattico durante il processo di fermentazione conferisce quel caratteristico gusto acido che ci siamo riabituati a conoscere. E ad amare.

STORIE DI LIEVITI CENTENARI
I più antichi resti di pane lievitato sono stati rinvenuti in Svizzera e risalgono al 3500 a.C., ma l’arte del pane lievitato è ancora più antica. Gli egizi conoscevano la lievitazione e la fabbricazione della birra. L’una forse deriva dall’altra: la birra è stata inventata come sottoprodotto della lavorazione del pane o viceversa. Ma abbiamo vari candidati per il lievito madre più antico in circolazione. Boudin, panetteria di San Francisco sostiene di utilizzare lo stesso ceppo dal 1849, anno della fondazione. Ma Seamus Blackley, fisico e inventore della Xbox nonché panificatore casalingo (o “bread nerd” come si autodefinisce), ha realizzato lo scorso agosto un pane usando un lievito estratto da un vaso di terracotta egizio di 4.500 anni fa. Già perché il lievito è un essere davvero particolare, in grado di sopravvivere nello spazio, nel vuoto e di ibernarsi per migliaia di anni. La farina usata per realizzare questo pane “arcaico” era un mix di monococco (il grano più antico), segale e kamut. Perché con lieviti madre e grani antichi accade spesso che tradizione e modernità si intersechino, prendendo il meglio di ognuna. Il marketing moderno vende l’idea e la scienza – come nel Bread Lab dell’Università di Washington – riscopre e migliora le tecniche di coltivazione di cereali dimenticati perché meno produttivi o fragili.

IL GRAN RITORNO
La ripresa segue l’abbandono. Nel secolo industriale per eccellenza, il XX, l’industrializzazione ha portato a privilegiare il lievito artificiale e il pane industriale: consentiva lavorazioni più veloci evitando quelle lunghe ore di lavoro anche notturno non più sostenibili. Inoltre, garantiva una maggiore omogeneità e prezzi bassi per quella che era la commodity per eccellenza. Ma con l’avvicinarsi del nuovo millennio le cose cambiano. Si consuma meno pane, perché il lavoro fisico arretra così come la necessità di calorie da spendere subito. Poi arriva l’onda gourmet, che nei lievitati vede l’avanguardia della pizza. Seguita dall’attenzione verso lavorazioni artigianali, granì antichi, personalizzazione: il pane si consuma di meno ma si vuole più buono. In panetteria come al ristorante.

ESTETICA MILLENNIALS
Con il lievito madre oggi non si fa solo il pane ma anche focacce, dolci, panettoni e biscotti. Si spuntano prezzi un po’ più alti se si sa comunicare bene al cliente la differenza. Il pane da lievito madre ormai è proposto anche in ristoranti e bar alla pausa pranzo, il consumatore sa di cosa si tratta. I più appassionati lo preparano a casa dove custodiscono il proprio ceppo con amore. Attenzione quindi alla qualità. Insieme al lievito madre grande attenzione andrà data alle farine utilizzate, di cui è bene conoscere la provenienza e diversificare. La comunicazione, nell’epoca dei social, è ormai non solo un aiuto, ma una leva fondamentale. Anche in panetteria, la rivendita più antica e quella che, se ben gestita, può affrontare con successo la vendita di un prodotto che si affaccia al suo settimo millennio di vita.

1-2-3 La "Ricetta del cuore" di Forno Brisa
Consiste in 1 parte di lievito, 2 di acqua, 3 di farina semintegrale macinata a pietra (farine coltivate da noi tra cui il monococco). Impasto fatto a mano, poi 10 minuti di pausa, sale e un goccino di acqua per finire l’impasto molto delicatamente. Dopo la lievitazione di due ore e mezza si procede alla formatura della pagnotta per un’ora e mezza in cestino, successivamente cotta in forno a 240 °C per un’ora. La pagnotta deve pesare almeno 1 Kg e va fatta riposare per 4 ore buone.

Un locale da seguire per il pane: Forno Brisa, Bologna

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