spirits

22 Gennaio 2021

Nel cuore della “sgnappa”

di Maddalena Baldini


Nel cuore della “sgnappa”

Siamo un’altra volta nel settore delle eccellenze italiane. Eh sì perché la Grappa, secondo il Regolamento europeo numero 110 del 2018, è “un’acquavite di vinaccia distillata esclusivamente in Italia”. Questa definizione è molto chiara e spiega che la Grappa potrà solo derivare da vinacce (bucce degli acini d’uva) coltivate e prodotte nella Penisola. Di conseguenza, tutto ciò che riporta la dicitura “Grappa” ma non rispetta quanto appena evidenziato, è uno dei tanti prodotti copiati o imitati. Si tratta di un distillato conosciuto da tempo, prodotto con l’alambicco e poi lavorato dai maestri distillatori che, dell’intera procedura, mantengono solo il cuore, eliminando la testa e la coda, la parte iniziale e finale del distillato stesso. La Grappa è sempre stata “collocata” come un superalcolico del nord Italia, dove alcune regioni la fanno da padrone su altre: come il Trentino Alto Adige, il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, alcune parti delle Lombardia e altre del Piemonte (la sottozona del Barolo), aree che hanno ottenuto l’IGT; a queste, ultimamente si è aggiunta anche la Sicilia del territorio di Marsala. Bisogna precisare che dopo diversi decenni di semi-abbandono, la Grappa lotta (o sta lottando) per riacquistare la sua giusta posizione negli scaffali dei bar e non solo. Un prodotto che oggi viene lavorato con grande abilità e che è capace di affrontare le nuove tendenze del mercato per competere con altri spirits che fanno la fortuna di cocktail e drink. Certo, c’è da dire che un alcolico come la Grappa è buono da bere anche in modo “puro”, semplicemente come momento di meditazione o per assaporare la tipicità del vitigno con il quale è fatta, soprattutto se le vinacce giungono in distilleria non troppo scariche o troppo asciutte. Ed ecco allora che le vinacce, uno scarto per i vignaioli, diventano una materia prima fondamentale per i maestri distillatori.

[caption id="attachment_180879" align="aligncenter" width="700"] I barman hanno capito come un prodotto di qualità possa dare un valore aggiunto a un drink, rispettandone anche l’italianità[/caption]

LE NUOVE TENDENZE
Fino a qualche decennio fa la Grappa aveva un ruolo quasi secondario. Oggi, fortunatamente, per un lavoro di comunicazione più mirato e grazie a una sinergia più attenta tra i grandi e piccoli distillatori, sta avendo un momento di fortuna. Senza entrare nel merito della questione Covid-19, l’attuale fortuna della Grappa è strettamente legata da un lato alla figura del barman (che ha capito come un prodotto di qualità potesse dare un valore aggiunto a un drink, rispettandone anche l’italianità), e dall’altra è connessa alle “sperimentazioni” di invecchiamento che avvengono nelle distillerie. Del resto, il consumo di Grappa bianca è in calo mentre si riscontra una crescita verso il consumo di quelle monovitigno (fatte con le vinacce di una sola tipologia di uva e non con un blend) e di quelle invecchiate e barricate. Ecco allora che la figura e l’intraprendenza del distillatore diventano fondamentali tanto da avventurarsi non solo nel classico invecchiamento nelle botti in legno ma provando a far riposare il distillato anche in contenitori nei quali erano già stati invecchiati Whiskey, Sherry o Rum, giusto per fare qualche esempio.

VOCE ALLE DONNE
«L’Associazione Donne della Grappa svolge un ruolo importantissimo, una sorta di missione per divulgare la cultura che ruota attorno al distillato». Così inizia Elisa Mazzetti, dell’omonima Distilleria Mazzetti d’Altavilla e presidente dell’Associazione. «Dobbiamo precisare che è anche merito della “sensibilità femminile” se la Grappa da distillato da trincea è divenuta distillato da salotto! Per noi del settore è interessante notare come i gusti e le preferenze si siano evoluti negli ultimi anni e come sia stato importante il nostro ruolo nel mondo della distillazione. Non è solo una questione di eredità famigliare ma abbiamo la responsabilità di far conoscere una parte della nostra storia che passa attraverso gli alambicchi. La Grappa è cultura e, in quanto tale, deve essere conosciuta, anche se a primo impatto può apparire più complessa rispetto ad altri superalcolici». Nonostante il periodo complicato abbia messo dei vincoli alle tradizionali forme di degustazione, l’Associazione si sta impegnando per rendere i canali social e il web delle vie utilissime per comunicare e per diffondere la cultura della Grappa. «Le difficoltà degli ultimi mesi hanno rallentato molte delle nostre iniziative ma vogliamo affiancarci alle moderne comunicazioni che ci permettono di arrivare in poco tempo a tutti. Sono un utile supporto ma dobbiamo riflettere su una cosa importante: apprezzare una Grappa significa conoscerla e, per fare ciò, è importante visitare le realtà produttive ed effettuare degustazioni mirate per entrare nel mondo delle tante sfaccettature dei differenti vitigni italiani.». Attraverso queste affermazioni, la presidente solleva una questione necessaria, quella della corretta formazione del personale di sala: oltre ai distillatori, proprio il personale sarà il portavoce della Grappa perché avrà il compito di trasmettere e far apprezzare ai clienti il distillato. E quando si parla dei gusti dei consumatori Elisa Mazzetti conclude dicendo: «Nell’ultimo decennio si prediligono le Grappe invecchiate perché hanno un sapore più rotondo e un approccio meno invasivo rispetto alla Grappa giovane. Però, grazie a un buon lavoro in distilleria, è possibile abbattere l’eccessiva franchezza e garantire un superalcolico che possa essere stimato da tutti. Ecco allora che molti consumatori, dopo aver sperimentato una Grappa invecchiata o barricata, hanno la sorpresa di riassaporare e apprezzare una Grappa giovane».

[caption id="attachment_180878" align="alignnone" width="748"] Le donne dell’Associazione Donne della Grappa (a una cena del 2019)[/caption]

Grappa ai tempi del Covid: non solo da bere...

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