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35 MAGAZINE Grand Hotel Villa Serbelloni “Non vorrei essere immodesto ma il nostro buffet ha tutto - è l’incipit di Luca Speroni , Restaurant Manager di Villa Serbelloni -. Con il buffet o il servizio di cucina espres- sa vogliamo soddisfare qualsiasi esigenza. Abbiamo una clientela turistica internazionale, anglosassone soprattutto e un crescente mercato asiatico, in linea con la vocazione del Lago di Como e di Bellagio in particolare. Gli italiani sono un'eccezione specialmente nella stagione estiva quando ospitiamo molte famiglie con bambini. L’esigen- za alimentare dei figli è anteposta a quella dei genitori. Muta così l’orizzonte di interesse per l’offerta gastronomi- ca e reindirizza i target della nostra cucina. L’attenzione è per il territorio del Lario che, nel suo piccolo, è una ricchezza di eccellenze che a volte stupiscono. Avendo però una clientela internazionale ci sembra giusto che la ricerca di una qualità legata al genius loci del Lago di Como e delle sue valli spazi oltre il concetto a volte limitante del chilometro zero portando ad avere prodotti familiari dall’Italia e dal mondo in cui gli ospiti trovano una loro riconoscibilità d’uso e di senso. Accanto alla Miascia, torta povera bellagina per eccellenza, troviamo il foie gras Don Sousa, i gamberi e gli scampi di Maza- nervosi, imprecisi”. E precisa vuole essere la cucina di Presazzi. “Non è tanto inventare un piatto iconico ma la sua standardizzazione: questa è l’abilità di uno Chef… una volta riesce bene a tutti ma educare le emozioni per allinearle ordinatamente, senza perderne il fragore, è talento". Come talentuoso è il Gorgonzola di capra di Carozzi, medaglia d’oro al World Cheese Awards, o le alici Delfi- no Battista da Cetara, inscatolate a una a una con una manualità d’autore. O la Nuvola di Como, lievitato legge- rissimo con un cuore di crema di albicocca, e il Lariano di Dongo. Il buffet della colazione è un rosario di assaggi e ci si perde nella recita dei suoi Misteri con devozione. Uno di questi è la mostarda di Cremona, che non trovo mai a colazione, con la frutta mista tagliata in grossi pezzi o lasciata intera che Edith Templeton descrisse come ‘un piatto estremamente raffinato, un piatto barocco, dolce, di pieno corpo, ardente e piccante’ non foss’altro per l’origine medievale di questo mustum ardens che col tempo si è dimenticato dell’uva. Perdersi, per ritrovarsi in famiglia. Offrire agli ospiti uno strumento di espressione della propria identità
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