QUALITALY 142
18 MAGAZINE FOCUS ON con grande sforzo su come agevolare la redistribuzio- ne dei prodotti alimentari invenduti, le famiglie fanno ancora troppo poco. Così è chiaro che la lotta contro gli sprechi non è solo questione di compor tamenti in- dividualmente corretti; coincide con la par tita dell’es- sere-in-comune. Tutt ’altro che una banalità romantica. Ci costringe a interrogare da vicino le nostre abitudini alimentari , contrariamente al noto adagio del senso comune , secondo cui , dei gusti , sarebbe doveroso tacere . Parlarne , però, ci obbliga a rime ttere in di- scussione l’attuale sistema di produzione alimentare e la sua sostenibilità. E questa , di nuovo, è un’altra faccia del problema etico relativo al cibo. Quali scenari per il futuro? De t t a ma r x i anamen - te , f inora sembra aver p r e va l s o l ’app r oc c i o i n d u s t r i a l i s t a s t a n - dard , per cui la terra vale finché traducibile in equivalente moneta- rio e perciò scambia- b i l e . Wende l l Be r r y era stato molto chiaro sulle conseguenze, già vent ’anni fa: è come se l ’agricoltura fosse di- ventata una par te del settore minerario. Si estrae tutto quel che si riesce e poi, una volta esau- rite le risorse, si passa al giacimento/terreno successi- vo. Come se, poi, si potesse andare avanti a spremere il pianeta all’infinito, mentre ormai lo sanno tutti che la dipendenza del sistema cibo da fonti energetiche non rinnovabili , come i combustibili fossili , oltre a inquinare, non durerà in eterno. Affrontare la questio- ne dell’impatto dell’agro-industria sull’ambiente e , al rovescio, le conseguenze del degrado ambientale sulla produzione di cibo, sembra conf igurare – almeno a prima vista – un tipico dilemma simmetrico tra profitto e pianeta. Se intensif ichiamo la produzione di cibo, perché vogliamo ad ogni costo guadagnare di più , e magari – perché no? – sfamare più persone , sfrutte- remo così tanto l’ambiente che non avremo più terra disponibile per soddisfare il nostro duplice obiettivo di efficienza produttiva e di sostenibilità sociale. Per non parlare del fatto, ormai scientificamente docu- mentato, che le emissioni antropiche di gas serra, cau- sate per la maggior par te dall’attuale modello agro-in- dustriale, sono responsabili del cambiamento climatico e che questo, a sua volta, rimbalza in modo devastante sulla produzione di cibo. Se, viceversa, decidiamo che è prioritario preser vare l’ambiente , e ridurre così le emissioni di gas serra , dovremo optare per modelli industriali meno efficienti dal punto di vista produttivo; il problema è che questa decrescita non pare, a prima vista così felice: se ci ritroveremo con meno soldi in tasca , e – presumibilmente – con meno cibo, come potremo tutelare il diritto a vivere liberi dalla fame? Varrebbe la pena rif lettere sul fatto che l ’attuale si- stema produttivo, oltre ad essere ben lontano dall’o - biettivo “fame zero”, sta più che contribuendo a spingerci oltre i co- siddetti confini plane- tari , cioè quello “spa- zio operativo sicuro” in cui la vita sulla terra è possibile . Continuan- d o c o s ì a v r emo u n p rob l ema add i r i t tu ra p i ù se r i o che ga ran- t i r e i l d i r i t t o umano a l c i bo : g i à ade s s o , se tutti consumassero al ritmo dell ’impronta ecologica dell’Europa, avremmo bisogno di tre pianeti Terra. Figuriamoci se pensiamo le cose sul lungo periodo. Fortuna vuole che non abbiamo ancora superato il punto di non ritorno, al netto di chi si immagina già una nuova estinzione di massa. La verità è che non è impossibile ricalibrare l’economia, affinché la vita umana sulla terra sia, oltre che possibile, dignitosa, diritto al cibo compreso. L’idea
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