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38 MAGAZINE INTERVISTA Come ce lo spieghiamo? In termini genetici e anatomici , biologicamente quindi , non sia- mo cambiati molto dai nostri an- tenati che abitavano le savane e dai quali abbiamo ereditato molti adattamenti. Culturalmente invece ci siamo evoluti molto e in fretta. L’evoluzione biologica e quella culturale sono processi radical- mente diversi: richiede decine di migliaia d'anni l'una; procede alla velocità della luce l'altra. Questo ha fatto sì che comportamenti un tempo adattativi si rivelino oggi in par te obsoleti e non al passo col tempo: non amiamo cibi amari e quindi evitiamo molte verdure che sono sì amare, ma del tutto salu- bri; amiamo ancora cibi dolci e grassi e ne assumiamo in quantità superiore alle necessità per una paura atavica di non ingerire le giuste calorie e ingrassiamo. L’obesità è drammaticamente aumentata diventando a tutti gli ef- fetti una malattia sociale a carattere epidemico globale. Il gusto ha caratteri oggettivi , ma la reazione a quello stimolo è soggettiva . Come funziona questo criticismo? A livello della masticazione del cibo abbiamo piccole differenze individuali, sia anatomiche sia fisiologiche, che determinano variazioni nella capacità di ‘preparare’ i cibi affinché le papille gustative possano ricevere le stimolazioni gustative da inviare al cervello per essere elaborate in modo integrato. Variazioni genetiche asso- ciate a differenze individuali nella percezione gustativa sono ben note per l’amaro, il dolce e l’umami. Il TAS2R38 ad esempio è un gene che regola la risposta di gradi- mento ad una serie di composti amari: a seconda della struttura di questo gene si possono avere diversi gradi di percezione dell’intensità dello stimolo gustativo a parità di composto amaro e di concentrazione. Se un soggetto è geneticamente predisposto ad una percezione molto intensa dell'amaro tenderà a non gradire questo cibo. Tenderà ad apprezzarlo di più se ha una percezione bassa dello stimolo. Quindi siamo in un certo senso condannati? Non in senso assoluto. L’esposizio- ne a cibi amari attraverso la nostra dieta genera infatti un processo di familiarizzazione attraverso il qua- le possiamo imparare a gradire cibi amari in precedenza sgraditi e a rendere più appetibile il loro consumo. Le variabili ambientali del contesto fisico, economico e socioculturale in cui viviamo e mangiamo contano molto nel processo di formazione e affer- mazione delle nostre preferenze. Ogni individuo, ogni famiglia ha abitudini alimentari proprie. Va- riano i cibi e le frequenze con cui vengono serviti ma variano anche i contesti normativi in cui i cibi sono consumati. Sono queste variabili di carattere ambientale che ci caratte- rizzano nella nostra individualità di uomo e che rendono l'esperienza del gusto ulteriormente soggettiva

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