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37 MAGAZINE Se ttembre/O ttobre 202 3 Per David Hume, il gusto è un sentimento soggettivo con uno standard rinvenuto all ' interno di alcuni parametri . Per Jean Savarin il gusto è quello, fra i nostri sensi , che ci mette in relazione con i corpi saporiti , mediante la sensazione che essi producono nell ’organo destinato ad apprezzarli . Cos’è invece il gusto per Gianluca Donadini? Domanda spinosa questa, in quanto non esiste una defi- nizione codificata di gusto. Un modo per definire il gusto è forse quello di declinare alcune delle sue funzioni. Io preferisco parlare di gusti, al plurale, come adattamen- ti evolutivi messi in atto dal nostro DNA per allungarci o salvarci la vita, come individuo in primis e quindi come specie. Non che il nostro DNA sia gratuitamente altruista. In fondo salvandoci la vita salva se stesso. Come riesce quindi il gusto ad essere un valido alleato in questa lotta per la sopravvivenza? La percezione dell’amaro è un meccanismo difensivo che ci permette di identificare sostanze potenzialmente tossiche contenute negli alimenti. Pensiamo ai vegetali. Molti composti tossici elaborati dalle piante per difesa sono amari. La repulsione che spesso proviamo per cibi amari ha proprio la funzione di evitare l’ingerimento di composti potenzialmente tossici. Opposta la funzione evolutiva della dolcezza. Dolci sono quei cibi che con- tengono ad esempio zuccheri e che in generale sono ricchi di calorie. Pensiamo ai nostri antenati che abita- vano le savane del continente africano e alle difficoltà che incontravano nel procacciarsi del cibo. L’affermarsi di un meccanismo di gradimento per il dolce e quindi di preferenza per cibi ricchi di calorie ci ha aiutati all’o- rigine della nostra specie a non perdere troppo tempo con matrici povere di calorie in un ambiente non cer to obesogenico e a indirizzarci verso fonti caloriche certe. Obesogenico? Che non favoriva cer to l’obesità. Questi meccanismi adattativi si sono sviluppati in un ambiente di per sé povero di cibo e calorie. Nelle savane africane non c’e- rano supermercati aper ti h24 dove recuperare in tutta comodità il cibo necessario. Anzi , procacciarselo era una lotta e costava fatica. C ’era quindi evolutivamente la necessità di premiare in ogni modo quei compor ta- menti che por tavano ad assumere le calorie necessa- rie alla sopravvivenza in tutta sicurez za. Poi abbiamo imparato a coltivare ed allevare, trasformare i raccolti e le carni. Abbiamo fatto tesoro di questa conoscenza trasmettendola da individuo a individuo e di genera- zione in generazione. Abbiamo acquisito la cultura del saper coltivare, del saper allevare, del saper trasformare evolvendoci dall'essere semplici cacciatori, pescatori, raccoglitori. Oggi disponiamo di cibo a volontà. I sistemi di controllo igienico sanitari sono così performanti che non corriamo quasi mai il rischio di acquistare ed as- sumere cibi nocivi alla nostra salute. Eppure , benché siano mu t a t i i pa rad i gmi de l l 'ap - provvigionamento del cibo e della nutrizione , continuiamo a preferire ciò che è dolce e a rifiutare ciò che è amaro. “ La natura stessa è da sempre fonte di stimoli
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