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26 MAGAZINE FACCE DA CHEF Per imparare a leggere e scrivere bisogna iniziare dall’alfabeto… Lo stesso vale in cucina. Fondi , cotture , salse , tagli , materie prime. È imprescindibile per un cuoco cono- scere l’alfabeto culinario per scrivere , leggere bene e farsi capire. Il passaggio con Alléno cosa ti ha dato? Yannick fa una cucina più moderna e leggera di quella di Solivérès. Concentra, estrae, fermenta. Usa meno burro. Io non utilizzo molto le fermentazioni, ma ho fatto mio l’uso delle salse e la capacità di renderle più leggere rispetto alla tradizione pur mantenendone la stessa in- tensità gustativa. Estrazioni, crio-concentrazione e assi- milazione a freddo fanno qualitativamente la differenza. Poi il ritorno a Napoli. Come sei arrivato al Grand Hotel Parker’s? Sono stato chiamato dalla Famiglia Avallone che aspi- rava a ottenere una stella Michelin per il ristorante del loro Hotel di proprietà. Sono arrivato a febbraio 2018; abbiamo aper to a giugno dello stesso anno. La stella è arrivata a novembre 2019. Abbiamo raggiunto l’obiettivo della proprietà in un solo anno. Hai lasciato la Francia a malincuore? In Francia ero felice. Lavoravo in uno dei migliori risto- ranti al mondo e avevo una posizione di comando. Se la proposta del Parker ’s non fosse stata ambiziosa non avrei mai fatto ritorno. E lo è stata? Sì. Mi convinse il coraggio della proprietà di puntare su un giovane per avere una stella e non su un cuoco di fama. Cosa ti ha insegnato la Francia? Tanto. Mi ha dato tecnica, disciplina, metodo e la capa- cità di organizzare nei minimi par ticolari un ristorante di fine dining. E mi ha insegnato a gestire una brigata con ordine, regole, precisione e l’esatta ripartizione dei compiti. Il gioco di squadra è impor tante ma ci vuole organiz zazione. Un gruppo di persone che condivide un obiettivo comune può raggiungere l’impossibile. Una cucina francese, che insegna molto a quella italiana… È una cucina ordinata e precisa , di tecniche clas- siche rigorose che rimangono per me fondamentali per esprimere una personalità ben definita in cucina. Per creatività noi italiani siamo però superiori ed è per questo che in molti ristoranti francesi ci vengono affidate posizioni di comando. A chi devi la tua carriera? Lo devo a mia madre . Non avrei mai volu to fare il cuoco da ragaz zo. Vivevamo in un quar tiere popolare e mia madre era preoccupata che potessi prendere una brutta strada. Ero un ragaz zo molto irrequie to. Per assicurarmi un futuro decoroso mi iscrisse all’I- stituto alberghiero. Mi disse: “guarda, quando uscirai dalla scuola, troverai prima o poi un lavoro. La gente deve mangiare”. Ho dovuto superare il preconce tto
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