Qualitaly_117
39 GIU. LUG. 2020 è l’originalità e l’eleganza del piatto. Nonper nulla i piatti degli chef stellati sonoquasideidipintiodellesculture. Ciò non vuol dire diventare obbliga- toriamenteartisti,maneppureoffrire un servizio trascurato. 7. CONSUMO – La maggior parte dei ristoratori a questo punto ritie- ne che il rapporto con il cliente sia terminato e si arrivi direttamente al momento del pagamento. Que- sto atteggiamento è radicalmente errato. Mentre il cliente degusta o sta terminando (non dopo!) se lo chef può assentarsi dalla cucina o al suo posto il direttore di sala, si avvicinano ai tavoli e mettono in rilievo un ingrediente “nascosto” o “particolare”, rivelando un proprio “trucco” di cucina: tutto ciò offre al cliente un altro momento “priva- to” ed esclusivo che rimarrà nella memoria “positiva” dell’experience. 8. PAGAMENTO – Le analisi neu- roscientifiche indicano sempre per questomomentoungesto rassomi- glianteal dolore. Indipendentemen- te dal valore reale, il pagamento è un gesto che il nostro cervello regi- stra come negativo. Quindi occorre correggerlo con un atteggiamento diametralmenteopposto, suscitan- do una sorpresa positiva che non necessariamente deve significare fare uno sconto. Anzi, molto meglio giocare su altri gesti che possano fidelizzare il cliente, come unomag- gio imprevisto (di qualsiasi genere) o un buono per una successiva occasione, o altro ancora. Il tutto deve essere coerente con il locale, ovviamente. 9. USCITA – Punto fondamentale e conclusivo dell’experience. Il servi- zio termina solo accompagnando il cliente alla porta e salutandolo cordialmente come l’amico che per qualche ragione hadovutomomen- taneamente lasciare la nostra casa. Impossibilitati a stringere la mano per ragioni contingenti, possiamo fare leva su altre forme di saluto ver- bali ogestuali (come aprire laporta). Ma, inogni caso, ancheunsemplice gesto come questo si fisserà nella nostramemoriaeci porteràa recen- sire positivamente il locale. Come sappiamo dai miei precedenti arti- coli, questo atteggiamento positivo si rifletterà sul web. Infine, importantissimo, come ogni buon ristoratore sa bene: memoriz- zare le abitudini del cliente abituale eprevenirlo, perchéquestovuol dire coccolarlo. Due esempi: seosservo che il miocliente èmancinoegli ser- vo il cucchiaino del caffè posto a si- nistra invece che adestra – solo a lui e non agli altri – dimostro attenzione epremura. Il secondoè legatoa una studiatissima, scientificaeverificata experience, vissuta personalmente inunhotel estero: allamia terzavisita – seppur a distanza di alcuni mesi l’una dall’altra – il responsabile di salachemi accompagnavaal tavolo della prima colazione, mi chiede- va con cortesia se gradivo come al solito un bicchiere di spremuta d’arancia e un thè caldo – sapendo perfettamente che a me non piace il caffè. Pur nell’osservanza della privacy, avevano notato e annota- to le mie preferenze nel data-base dell’hotel e, al mio arrivo, le aveva- no richiamate e messe in evidenza al personale. Questi due racconti sono semplici e raffinati esempi di customer-experience positive che vi faranno capire che è proprio dai piccoli e semplici gesti che si può riemergere dal disorientamento e dallenegativitàdi questapandemia.
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