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IN PROFONDITÀ FEB. MAR. 2019 24 percorsi altri : si tratta di rifugiati, o di richiedenti asilo». Un’opportunità per sperimentare la contaminazione tra culture diverse, il mondo che verrà. «Diverse ricerche – riporta lo Chef, riferendo dati della Facoltà di So- ciologia delle migrazioni di Torino –mostrano come il settore agricolo e la ristorazione siano tra le maggiori fonti di sfruttamento di manodo- pera. Ciò accade al sud ma anche nei grandi domain piemontesi che impiegano in nero, soprattutto, se- negalesi e moldavi». Con Food refugees , invece, racconta Kumalè «facciamo corsi professio- nali per queste persone, perlopiù concentrandoci sulla formazione delle cosiddette “brigate” più basse: nessun italiano vuole più lavorare ai livelli base in cucina, così c’è biso- gno di figure professionali specializ- zate. Con questo progetto abbiamo già inserito 13 persone, 2 sono state assunte». Un ulteriore valore nobile legato al cibo, che viene da lontano: «penso alle funzioni sociali della cucina di cui parla Ferran Adrià – con la sua cucina molecolare e la cucina al sifone – che, oltre al vo- ler giocare con la consistenza delle materie prime da portare sul piatto, prevede l’integrazione di persone con problemi di salute». È il servizio sociale del cibo che unisce, e non divide, a partire dalla cucina per arrivare sulla tavola. «Oggi si parla molto di turismo gastronomico – chiude Castellani, parlando del Premio Travel per la stampa turistica, del BIT – Si sente sempre più parlare di turismo espe- rienziale, del resto la gastronomia rappresenta in molti paesi – San Sebastian, Catalogna, Langhe, la Toscana – uno dei vettori più im- portanti. Oggi si sceglie una meta, non solo per i monumenti, ma anche per il cibo». L’esperienza di Castellani viene da lontano. «Ho iniziato nel ’91 stu- diando la cucinamediterranea, sono andato in Sudamerica, in Asia, ades- so mi interessa molto la cucina dei paesi scandinavi e dei paesi baltici sui quali ho curato un servizio per RFood di Repubblica: Estonia, Li- tuania, paesi a noi sconosciuti che, dopo l’uscita dall’Unione Sovietica, diventeranno unameta gastronomi- ca interessante». Nel frattempo, chiude lo chef no- made: «Seguo le aree che si stanno aprendo al turismo internaziona- le: la Via della Seta, il Tibet e la Mongolia». Il cibo, come cultura. Anche l’offerta del giapponese non è più solo sushi e sashimi, ma anche e soprattutto ramen restaurant

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